BuoneNotizie.it ha raccolto alcune riflessioni a posteriori sul primo trattato firmato in Sud America  per tutelare gli attivisti dell’ambiente.

Il 22 aprile 2021, nella città del Costa Rica, Escazú, è entrato in vigore il primo trattato che tutelerà gli attivisti per l’ambiente di Sud America e Caraibi: l’Accordo di Escazú. 

Tre sono i principali obiettivi dell’Accordo di :

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Già dal 1992, con la Dichiarazione di Rio de Janeiro su Ambiente e Sviluppo, si era iniziato a dare importanza ai diritti ambientali; nel 2018 fu siglato il primo Accordo di Escazú per tutelare anche gli attivisti lasciati senza tutele e spesso minacciati o uccisi . Ad oggi, solo 12 sui 24 Paesi firmatari nel 2018 hanno ratificato, sottolineando la necessità di dar voce al legame fra la protezione ambientale e diritti umani in America Latina e nei Caraibi.

Seppur presenti al Vertice sull’Ambiente del 22 Aprile 2021 e consapevoli delle richieste degli attivisti, alcuni Paesi del Sud America, come Brasile e Colombia, non hanno firmato; altri, come il Cile, si sono tirati indietro: questo potrebbe avere delle implicazioni importanti per la riuscita dell’accordo. Nonostante ciò gli attivisti continuano a gridare a gran voce, sperando in un cambio di rotta in Sud America.

L’ambiente e il Sud America visto dal Perù

Linda Cerro, peruviana residente a Padova, ha da sempre sostenuto l’importanza di una linea guida che tutelasse la biodiversità e l’ambiente in Sud America.

Sono andata via dal Perù per amore – racconta Linda – ma torno sempre con piacere. Il mio Paese in questi vent’anni è cambiato molto, così come il resto del Sud America. I problemi politici hanno sempre reso il nostro continente poco attento all’ambiente e molto concentrato sui problemi interni. Nonostante vi siano moltissimi gruppi di attivisti, in particolare nelle aree verdi del Perù, è solo in questi ultimi anni che il governo centrale si è reso conto del danno che la cecità amministrativa ha causato.

Io sono sempre stata un’attivista e la firma di questo trattato è un piccolo, grande segnale, che tutelerà non solo gli attivisti, ma anche le aziende e l’ambiente del Sud America. Troppo spesso gli attivisti vengono uccisi e questo crea paura verso chi vorrebbe gridare a gran voce, ma deve pensare di sopravvivere per la propria famiglia: non si può più rimanere fermi. Durate la firma del trattato sono stati citati i nomi di uomini e donne che sono stati uccisi nella difesa dell’ambiente. Dopo la Giornata della Terra e le decisioni di Europa e Asia di passare al green entro il 2050, anche il Sud America si è convinto.

Sono ancora titubante sulla scelta di alcuni Paesi, in particolare il Brasile, di rimanere fuori dal trattato ma credo che, quando si inizieranno a vedere i primi risultati, anche loro si convinceranno. L’elemento più importante è che le aziende sud americane inizino ad allearsi e a collaborare per rendere i Paesi a prova di scelte green, dare una nuova identità all’ambiente e assumere più persone, che dopo il Covid sono rimaste senza lavoro”.

Gli attivisti del Sud America non firmatari

Kari Silva, attivista cilena di Santiago, ha manifestato una grande rabbia nei confronti del suo Paese per la rinuncia a firmare il trattato.

Da anni mi batto per cambiare il mio Paese – racconta Kari – dalle leggi sull’aborto, al cambio costituzionale, all’ambiente. La decisione del Cile di non aderire al trattato di Escazù mi ha profondamente rattristata. E pensare che nel 2018 era stato fra i Paesi trainanti. Molte coltivazioni sono illegali, il governo ha troppi problemi irrisolti da portare avanti e gli attivisti si sono intimoriti.

L’ambiente, però, non deve passare in secondo piano, soprattutto adesso. Il Sud America è ricco, ma produce molti rifiuti: la grande tradizione dell’allevamento comporta dei costi di gestione elevati e scelte poco green. Sono convinta che gli interessi economici abbiano condizionato il governo e la scelta di prendere tempo per decidere come proseguire. 

Il trattato, però, è da anni che cercava di trovare strada per difendere gli attivisti che spesso vengono uccisi, picchiati e lasciati da soli. Non solo: esso richiede a governi e aziende private del Sud America di utilizzare l’accesso alle informazioni che possano avere un impatto sull’ambiente. I colossi Brasile e Colombia hanno forse troppi interessi nel mandare avanti i loro progetti, lasciando così gli attivisti ancora una volta da soli. L‘unica cosa che ci resta da fare è aspettare che i 12 Paesi firmatari ratifichino in parlamento il trattato e che inizino a mostrare soluzioni positive, in modo da convincere anche gli altri. Sono sicura che gli attivisti potranno tornare ad essere ascoltati e tutelati, e che l’ambiente riuscirà davvero ad avere una nuova vita”.

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Erika Mattio

Erika Mattio

Erika Mattio, giornalista, autrice, archeologa, antropologa, viaggiatrice, dottoranda in Antropologia fra Madrid e Venezia. Ho studiato a Istanbul e Mashhad per poi intraprendere spedizioni in Medio Oriente e in Africa. Scrivo per BuoneNotizie.it e sono diventata pubblicista grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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