Al G20 Agricoltura si è parlato di sostenibilità, ma il punto di partenza è guardare allo “stato degli alberi”. A quanto, cioè, contribuiscono le attività agricole all’estinzione delle specie vegetali.

Il G20 Agricoltura quest’anno si è svolto a Firenze, come da consuetudine nel Paese che ospita la Presidenza annuale del foro internazionale delle principali economie del Mondo. Una due giorni alla quale hanno partecipato i Ministri dell’Agricoltura e i rispettivi delegati dei Paesi coinvolti oltre ai rappresentanti più autorevoli di organizzazioni internazionali e imprenditori agricoli.

Nel corso del vertice il dibattito si è focalizzato sulle dimensioni della sostenibilità – economica, sociale e ambientale –  e in particolare sul tema dell’agricoltura e delle attività ed opportunità ad essa connesse.

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Posto il legame di assoluta dipendenza che intercorre tra i tre aspetti, a “svettare” su tutti è quello della sostenibilità ambientale, per ragioni diverse.

Intanto la risonanza istituzionale – e poi mediatica – che deriva dai grandi appuntamenti programmati ai piani alti per costruire uno spartiacque potenziale tra ideologia e azione; l’ultimo dei quali – solo in ordine di tempo – è stata la Pre-COP26 a Milano, come anteprima preparatoria alla COP26 di novembre a Glasgow.

In secondo luogo, è stato messo in evidenza il valore predittivo che la sostenibilità ambientale esercita in maniera ricorrente sulla tutela della biodiversità e degli ecosistemi.

Non a caso, come simbolo di questo G20 Agricoltura è stata allestita in Piazza Duomo a Firenze un’installazione temporanea molto evocativa – “Il cammino del verde” –  nel quale sono state accostate piante del paesaggio toscano quali olivi e viti, a palme e sabbia.  Un monito per il futuro, che come dichiarato dalla vicepresidente e assessora all’agroalimentare Stefania Saccardi:

parla più di tanti appelli e ci pone davanti agli occhi con evidenza la strada da percorrere e i rischi da evitare. Oggi la sfida è praticare un’agricoltura che non soltanto nutra l’umanità, ma curi anche il pianeta”.

Un albero sta alla biodiversità…

Come sappiamo la biodiversità ingloba tutti gli ecosistemi naturali, composti da animali e piante: terrestri, aerei e acquatici. In questo “mondo” variegato è stimato che attualmente circa 1 milione delle specie presenti siano a rischio estinzione.

Tra queste, la macro-categoria degli esseri vegetali e in particolare gli alberi, sono facilmente visibili all’interno dei paesaggi – rappresentano il 31% delle terre emerse – e dunque misurabili.

Questo li rende un indicatore eccellente di biodiversità, i pilastri di un ecosistema sano da cui dipendono tutte le altre specie.

A tal proposito, il Global Tree Assessment (GTA) – ha pubblicato il mese scorso un report sullo stato degli alberi nel Mondo frutto di un lavoro intensivo di ricerca durato cinque anni. L’indagine ha raccolto informazioni sul rischio di estinzione delle 58.497 specie arboree di tutto il Mondo.

Questo “inventario” globale più aggiornato – al netto delle 142 specie già estinte – rileva un rischio considerevole per il 30% delle specie selvatiche, più del doppio della percentuale complessiva di mammiferi, uccelli, rettili e anfibi che corrono lo stesso rischio.

Peraltro, questo è il dato più ottimistico considerando che della restante parte il 7,1% è stato classificato come “possibilmente minacciato” e il 21,6% escluso per valutazioni insufficienti. A conti fatti, solo il 41,5% è classificato “al sicuro”.

…come l’agricoltura sta all’ecosistema. Ed è la minaccia più grave

Nel quadro allarmante che viene restituito, vengono evidenziate anche le cause responsabili di questo collasso dell’ecosistema, quasi interamente attribuibili alle attività antropiche.

Il primato negativo è proprio dell’agricoltura (coltivazioni 29% e bestiame 27%), a cui seguono il disboscamento per sfruttamento diretto del legname (27%) e a pari merito l’edilizia abitativa o per sviluppi commerciali e gli incendi (13%).

La buona notizia è che inaspettatamente il cambiamento climatico si ferma a un’incidenza del 4%, ma va contestualizzata – e quindi ridimensionata – con l’effetto che questo esercita in aggiunta sull’azione dell’agricoltura e degli incendi.

Consapevolezza ma anche “creatività” contro l’inquinamento dell’agricoltura

Per condividere queste scoperte il gruppo di ricercatori ha lanciato in rete il portale GlobalTree al fine di tracciare e monitorare in un unico database online gli sforzi di conservazione delle specie suddivisi per livelli: specie, Paese e globale. Come ha dichiarato Malin Rivers, autore principale del report e capo del dipartimento dedicato nell’istituto di pubblicazione (BGCI):

“Per la prima volta sappiamo quali specie sono minacciate, dove sono e come sono minacciate, così possiamo prendere decisioni di conservazione più informate. Queste specie non sono ancora estinte. C’è ancora speranza. Ci sono ancora modi per riportarli indietro dal baratro”.

Su proposte concrete per “porre rimedio” invece un’ispirazione arriva dallo studio pubblicato su Current Biology da un team di ricercatori tedeschi e neozelandesi: insegnare ai bovini “come andare in bagno”.

La tecnica utilizzata MooLo training” ha sperimentato l’addestramento sulle mucche per abituarle ad espellere i propri bisogni corporei attraverso premi o esperienze spiacevoli – come spruzzare acqua – a seconda che si recassero o meno nell’apposito spazio adibito.

Il campione è ancora ridotto – 11 su 16 vitelli hanno risposto positivamente agli stimoli – ma è in linea con le percentuali di apprendimento dei bambini con il vasino e se supportato da un campione più esteso potrebbe significare:

  • Meno inquinamento sul terreno dovuto al ristagno di feci e urine all’aperto durante il pascolo
  • Nelle stalle, meno produzione di ammoniaca, sostanza che filtra nel terreno convertendosi in ossido di azoto (il terzo gas serra più inquinante dopo metano e CO2).

Il G20 Agricoltura si è concluso con l’adozione della cosiddetta “Carta della sostenibilità di Firenze”, che al di là di un impegno corale siglato, deve stimolare un’ulteriore presa di coscienza dei problemi che ci sono nelle attività agricole, capirne le cause per agire con delle soluzioni, proprio come questa.

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Roberta Nutricati

Roberta Nutricati

Laureata in Lettere Moderne a Siena e in Relazioni Internazionali a Torino. Dopo aver vissuto e lavorato in Spagna per un anno, ho conseguito un master in Europrogettazione e il riconoscimento alla Camera dei Deputati come Professionista Accreditata presso la Fondazione Italia-USA a Roma. Collaboro con il settimanale TheWise Magazine e scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare pubblicista.

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