Uno studio ha dimostrato che gli alberi secolari continuano a crescere, e quelli giovani hanno uno sviluppo accelerato.

Qualche mese fa la rivista scientifica americana Science of Total Environment ha pubblicato uno studio sul Parco Nazionale del Pollino, in Basilicata. La ricerca si intitola “La foresta mediterranea vetusta mostra resistenza al riscaldamento globale”. I ricercatori hanno fatto due scoperte. Primo, gli alberi secolari resistono agli effetti del cambiamento climatico. Secondo, le piante giovani crescono più in fretta rispetto a quelle vetuste quando erano giovani.

Per uno sguardo più da vicino, BuoneNotizie.it ha intervistato uno degli autori dello studio. Michele Colangelo svolge un post-dottorato presso il Centro di ricerca spagnolo ed è specializzato in dendrocronologia, cioè studia gli anelli di accrescimento della pianta.

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La raccolta dei dati sul campo

Colangelo spiega: “Come prima cosa abbiamo localizzato i siti vetusti nel Pollino. Poi abbiamo selezionato le specie a seconda dell’altitudine. Il pino loricato per le alte quote, l’abete bianco, il faggio e il cerro per le basse quote. Abbiamo, quindi, prelevato delle carotine di legno in modo non invasivo da piante giovani e da piante vetuste. Da questi campioni abbiamo studiato gli anelli di accrescimento della piante, che sono come delle scatole nere. Per capirci, se un albero ha meno di 120 anni è giovane, se ne ha di più è anziano”. I ricercatori, infine, hanno comparato i campioni legnosi delle due età.

Gli effetti del cambiamento climatico sugli alberi

Lo studio ha riportato due risultati importanti. “Primo, gli alberi anziani di alta e bassa quota hanno risposto migliorando la loro crescita. Gli ecosistemi vetusti, quindi, sono più stabili ai fenomeni di riscaldamento globale”. Secondo, le piante giovani crescono più velocemente rispetto a quelle anziane, della stessa specie, quando erano giovani. “Queste piante, cioè, producono più legno”. Da un lato, quindi, la foresta vetusta resiste bene alle siccità, alle alluvioni e agli incendi. Dall’altro i ritmi sostenuti degli alberi giovani non sono una buona notizia. “Questi, infatti, moriranno prima e avremo una precoce perdita e il rilascio di carbonio nell’atmosfera”. Inoltre, se le piante non raggiungono la longevità, possono essere più esposte al degrado. Come rendere dunque i boschi più resistenti al cambiamento climatico? “Noi siamo ricercatori e possiamo studiare, spiegare, fornire conoscenze e tentare delle previsioni”. Il primo passo è proteggere, poi promuovere una gestione forestale sostenibile.

La foresta primaria che cresce

La risposta degli alberi secolari al cambiamento climatico ci ha sorpresi. Di solito, a causa del riscaldamento globale, gli alberi muoiono più in fretta. Le foreste, quindi, non riescono a catturare il carbonio per trasformarlo in legno. Grazie alle nostre ricerche abbiamo visto, però, che i siti vetusti del Pollino non deperiscono. Anzi producono più legno, sia alle alte che alle basse quote, fatto che ci ha sorpreso ancor più”. Qui le piante secolari non perdono vigore, nonostante le alte temperature. Al contrario, crescono in modo stabile.

Il supporto del territorio

Allo studio hanno collaborato i dipartimenti di scienze forestali e agraria di diversi atenei e centri di ricerca. Si tratta di alcuni tra i massimi esperti in foreste vetuste. In particolare lo studio ha coinvolto l’Università della Basilicata, l’Università della Tuscia e l’Istituto pirenaico di ecologia a Saragozza. L’Ente parco nazionale del Pollino, infine, ha dato un importante contributo. “Sarebbe interessante applicare lo studio ad altre specie e in altri siti con diverse condizioni ambientali. Ben vengano questi esami a livello mondiale per capire gli effetti del cambiamento climatico”, dice Colangelo. Per essere efficace, però, un progetto ha bisogno del supporto del territorio. E Colangelo conclude: “L’ente Parco nazionale del Pollino ci ha dato un aiuto fondamentale. Loro hanno reso possibile il lavoro perché conoscono bene il parco e la sua storia”.

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Francesca Iaquinto

Francesca Iaquinto

Laureata in Lettere Moderne alla Statale di Milano, è stata studentessa di merito presso il Collegio di Milano per 5 anni. Nel dicembre 2019 ha vinto una Borsa di Studio per la scrittura della tesi presso la Duke University (North Carolina). Attualmente è docente di scuola secondaria, proofreader e scrive per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo costruttivo per diventare pubblicista.

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