I fondali marini sono discariche sommerse di rifiuti e la maggior parte di questi è composto da materiale plastico, dunque sono potenzialmente eterni. Per migliorare la situazione ci sono molte iniziative, ora arriva anche un’app per segnalarli e contribuire a mappare la composizione di queste discariche sott’acqua.

Scubadvisor: avvistare i rifiuti sui fondali

“Il diving a portata di app” recita il claim della prima app al mondo interamente dedicata agli appassionati di questo sport. A partire dallo scorso giugno, dalla collaborazione con l’associazione Marevivo Onlus – di cui abbiamo parlato per i progetti nel Golfo degli Aranci – Scubadvisor ha subìto un upgrade che la rende un ottimo strumento, scaricabile gratuitamente, per tutelare i fondali marini.

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Infatti, il sistema è stata integrato affinché ogni utente, durante la propria immersione, possa segnalare il sito danneggiato, anche inviando una foto o una descrizione, in totale anonimato. Così, l’app fornirà a Marevivo le coordinate GPS del punto in questione, confluendo in un database unico dove monitorare le condizioni del sito e dove possibile, organizzare sessioni di recupero dei rifiuti.

Come dichiarato dai creatori Marco Prandi e Alessandro d’Antonio: “I sub amano il mare, sono le sue prime sentinelle. Accanto alla funzione che permette di condividere le più belle immagini del mondo sottomarino, aggiungiamo quella che pone l’accento sulla responsabilità ambientale per aiutare a preservare la biodiversità e la straordinaria ricchezza e bellezza dei nostri mari”.

I fondali marini: terra di nessuno?

L’80% dei rifiuti presenti nel mare è di plastica: in totale circa 11 milioni di tonnellate l’anno. A sua volta, l’80% di questi proviene da fonti terrestri. Come finiscono in mare?

Le ragioni sono varie: discariche abusive, mancanza di depuratori, quindi lo smaltimento scorretto, aggravato dalle attività turistiche e dalla pesca professionale (da cui il fenomeno delle reti fantasma, ovvero reti abbandonate dopo la pratica che intrappolano e uccidono milioni di esemplari della fauna ittica e stagnano sul fondo). Infine i fiumi, il primo mezzo di trasporto per i rifiuti che si accumulano nelle strade cittadine – primi tra tutti i mozziconi di sigaretta – che arrivando nel sistema fognario, poi finiscono in mare.

Secondo il Global Plastic Outlook di OCSE, infatti, negli ultimi 70 anni la produzione globale di plastica è raddoppiata, arrivando a 300 milioni di tonnellate l’anno e di pari passo, anche i rifiuti annuali da gestire.

La plastica è così pervasiva nel nostro ambiente che anche l’Onu stessa ha dichiarato che gli scienziati suggeriscono di utilizzarla come indicatore geologico dell’Antropocene, l’era attuale in cui l’uomo vive modificando con le proprie attività le caratteristiche strutturali e climatiche.

Peraltro, contrariamente al pensiero comune, il 90% delle plastica affonda dopo circa 5 mesi, depositandosi così sui fondali marini (anche sotto forma di microplastiche, ancor più insidiose).

In quanto materiale d’elezione per il monouso, circa il 40% della plastica in circolo ha un solo utilizzo. Basti considerare che ogni minuto vengono acquistate un milione di bottiglie in plastica monouso e solo in Italia 7 miliardi l’anno; ragion per cui sono nate proposte come il sistema di deposito cauzionale per gli imballaggi monouso (DRS) ma anche piccole e grandi campagne di sensibilizzazione a un uso selettivo e più ponderato della plastica che immettiamo nell’ambiente e poi finisce sul fondo del mare.

La nightlife “plastic free”

Non solo recuperare ma abbattere il consumo all’origine, specie quello monouso. È questa l’idea dell’iniziativa “No plastic more fun” di Worldrise, il primo network di locali notturni ad aver eliminato la plastica in favore di soluzioni meno impattanti, cioè compostabili o riutilizzabili. Il modo migliore per abbattere lo spreco è agire intanto sui luoghi dove prolifera maggiormente l’usa e getta.

Per avere un’idea della portata, le stime indicano che un locale notturno venda mediamente 1000 drink a notte, ciò significa 15 mila bicchieri e 30 mila cannucce utilizzate e gettate via subito dopo. Il primato di “clubbing plastic free” è proprio italiano, a Milano per l’esattezza.

Sono già 233 le attività della movida cittadina (tra cui anche club, eventi, collettivi musicali) che hanno aderito in varie città italiane e sta pian piano prendendo piede anche all’estero. Sul sito ufficiale è possibile consultare la mappa aggiornata con la geolocalizzazione di ogni locale e le modalità per aderire con il proprio; un gesto semplice per alleggerire la pancia dei nostri fondali marini.

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Roberta Nutricati

Roberta Nutricati

Laureata in Lettere Moderne a Siena e in Relazioni Internazionali a Torino. Dopo aver vissuto e lavorato in Spagna per un anno, ho conseguito un master in Europrogettazione e il riconoscimento alla Camera dei Deputati come Professionista Accreditata presso la Fondazione Italia-USA a Roma. Collaboro con il settimanale TheWise Magazine e scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare pubblicista.

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