Il consumo di prodotti ittici provenienti da pesca sostenibile in Italia è sempre più diffuso. I due anni di pandemia non hanno fermato l’interesse verso la salute dei mari: secondo l’ultimo report pubblicato da Marine Stewardship Council (Msc), organizzazione non profit responsabile del programma per la sostenibilità ittica globale, solo nel 2021 in Italia il consumo di pesce sostenibile è salito del 30%, ovvero di 10mila tonnellate.

Per invertire la rotta rispettando quanto più possibile i mari, non basta che il consumatore compia scelte responsabili, ma anche la scelta delle specie ittiche pescate e le tecniche utilizzate devono salvaguardare l’ecosistema. Una tra queste è l’acquacoltura che necessita di maggiori controlli per quanto riguarda la somministrazione di antibiotici ai pesci che vivono a stretto contatto negli allevamenti. Tale pratica può avere conseguenze nocive sulla salute umana come l’alterazione del funzionamento degli ormoni tiroidei oltre a interferire sullo sviluppo del sistema nervoso.

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Il consumo del pesce in Italia e i diversi tipi di pesca

Secondo Coldiretti, in Italia il consumo medio annuo di pesce è di 28 kg a persona, mentre in Europa la media è di circa 25 kg: nell’alimentazione degli italiani è presente più pesce di quanto se ne peschi lungo le coste o se ne allevi in acquacoltura. Il pesce consumato, infatti, non proviene solo dai mari nostrani, ma una larga parte è di importazione. Specie come molluschi e nasello sono molto richieste: sempre secondo Coldiretti l’80% della domanda riguarda importazioni da stati come la Spagna o la Norvegia.

La pesca a strascico è la meno selettiva; è ideata per catturare le specie che vivono nei fondali come polpi, calamari e crostacei: è compiuta tramite una larga rete trainata da una barca calata fino al fondale per raccogliere tutto ciò che incontra. La pesca a circuizione riguarda i pesci che vivono nelle zone superficiali del mare come la ricciola, il tonno e le acciughe. I pescatori circondano i pesci con delle reti che vengono chiuse tirando la cima per farli restare all’interno della rete.

La piccola pesca è il metodo più sostenibile ed è effettuata con le reti o con gli ami. Nel caso di utilizzo delle reti, vengono calate così i pesci rimangono intrappolati; se si usano gli ami vengono attaccati a un’esca e legati a un filo di nylon. La grandezza dell’amo determina la dimensione del pesce che sarà pescato: per questo motivo è la più selettiva.

La situazione della pesca sostenibile in Italia

Pesca del pesce azzurro

Come può il consumatore contribuire alla pesca sostenibile

Il consumatore può contribuire alla pesca responsabile: tra le possibilità, una buona abitudine è di leggere l’etichetta in pescheria. Le norme UE obbligano il commerciante a esporre il nome completo dell’esemplare, l’origine, se è pescato o allevato e se è fresco o decongelato. Sarebbe preferibile l’acquisto di pesce azzurro che è ricco di omega 3, minerali e vitamine e salvaguarda l’ambiente perché è pescato nei mari nostrani. Acciughe e sarde popolano abbondantemente i nostri mari come anche i meno noti sugarello e spatola.

I nostri mari sono popolati da oltre 500 specie commestibili, ma solo una ventina rientra fra gli acquisti abituali dei consumatori.

Quale futuro avrà la pesca sostenibile?

Gli allevamenti ittici sono una soluzione per tutelare l’ecosistema poiché ormai la pesca dei mari è indiscriminata e per questo l’acquacoltura è da considerare una valida alternativa al pescato: i valori nutrizionali degli esemplari allevati in Europa sono molto simili a quelli del pescato. In Italia è ancora poco praticata: è necessario investire in termini di controlli affinché i pesci non siano sottoposti all’utilizzo di farmaci e di conseguenza non ci siano pericoli per la salute dell’uomo.

E’ obiettivo dei pescatori che la riproduzione ittica continui. I pescatori non possono essere gli unici ad esercitare iniziative sostenibili, anche le istituzioni devono contribuire. Le aree marine protette devono essere aumentate: in Italia sono 26 e quindi occorre chiudere le aree alla pesca. Alcuni studi di ricerca hanno riscontrato che quando si chiude un’area, quell’area diventa di riproduzione. Un esempio è l’isola siciliana di Ustica, dove nella zona marina protetta la ripopolazione di specie come cernie e saraghi è aumentata esponenzialmente. In Liguria, invece, si trova la Tonnarella di Camogli piccolo sistema di pesca stagionale di tonni mirato a esemplari di taglia ridotta.

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Elisabetta Majocchi

Elisabetta Majocchi

Elisabetta Majocchi, laureata in Informazione ed Editoria ho collaborato con testate scrivendo di cultura, costume e società. Appassionata di attualità, politica e sostenibilità, oggi scrivo per BuoneNotizie.it grazie al Laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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