Da quando è scoppiato il conflitto in Ucraina, il tema delle forniture energetiche e delle interdipendenze tra i vari Paesi è al centro del dibattito internazionale. In questo contesto acquisisce sempre più consenso il mini idroelettrico, small hydro in inglese, un’energia rinnovabile che, oltre a sfruttare l’energia idroelettrica, è caratterizzata dal fatto di avere una potenza installata ridotta. Questa caratteristica comporta l’utilizzo di strutture di dimensioni sensibilmente più ridotte rispetto ad una diga normale, più sicure, per via del minore volume d’acqua e con un basso impatto ambientale e paesaggistico.

In Europa, infatti, è l’Italia uno dei Paesi con la più bassa autonomia energetica. Il nostro Paese produce sul proprio territorio solo il il 22,5% dell’energia consumata, a fronte di una media europea del 39,5%. Da quanto emerge dal Position Paper realizzato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con A2a, però, questa percentuale potrebbe salire fino al 58,4% se il Belpaese investisse su elettrificazione dei consumi, efficientamento e sfruttasse fonti energetiche come sole, vento, rifiuti e acqua.

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Mini, micro e pico idroelettrico

Quando si parla di idroelettrico, è facile che il pensiero vada ai grandi impianti nazionali o a giganti come ad esempio una delle prime dighe al mondo, la Hoover Dam nei pressi di Las Vegas, la diga delle Tre Gole, in Cina o quella di Guri in Venezuela. Non tutte le centrali però sono opere faraoniche che formano grandi invasi visibili perfino dallo spazio. Nel mondo esistono decine di migliaia di unità di mini idroelettrico.

La definizione quantitativa di un progetto piccolo idroelettrico varia molto, per esempio, secondo l’ESHA, la European Small Hydropower Association, il limite di potenza per il quale una centrale idroelettrica è considerata small hydro è pari a 10 megawatt (MW). In Italia, invece, è generalmente accettata una potenza di 3 MW come limite superiore di quello che si definisce mini idroelettrico mentre in nazioni abituate ad impianti più grandi, come il Canada o gli Stati Uniti, il limite sale fino a 30 MW. Micro e pico idroelettrico sono ulteriori sub classificazioni che indicano impianti con rispettivamente potenze inferiori ai 100 kilowatt (kW) e 5 kw.

Il mini idroelettrico in Italia: il caso di Quassolo

Entro la fine del 2023 è prevista l’entrata in esercizio della centrale di Quassolo, comune della città metropolitana di Torino,  e situata lungo la sponda sinistra del fiume Dora Baltea. La peculiarità di questo impianto di mini idroelettrico è che è stato sostenuto da una campagna di crowdfunding che ha raccolto 300mila euro in tempi record, tale da far chiudere il finanziamento popolare con sette giorni di anticipo sulla data prevista. L’impianto di Quassolo, una volta entrato in funzione, avrà una producibilità di circa 8.300.000 kWh all’anno, corrispondenti al fabbisogno energetico di circa 3.000 famiglie con un risparmio di emissioni in atmosfera di ben 3.700 tonnellate di CO2,

Questo tipo di operazione non è una novità nel nostro Paese. Nel 2018, infatti, nel comune di Palestro in provincia di Pavia vennero raccolti grazie al crowdfunding ben 250mila euro per  un impianto sulla sponda sinistra del fiume Sesia, collocato all’interno del comprensorio del Consorzio Irriguo Est-Sesia in grado di sopperire al fabbisogno energetico di circa 4.500 famiglie ed evitando l’emissione in atmosfera di 6.000 tonnellate di CO2.

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Giovanni Binda

Giovanni Binda

Giovanni Binda, aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista. E tu cosa stai aspettando?

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