La consapevolezza della crisi climatica cresce sulla base delle evidenze scientifiche e quotidiane con cui facciamo i conti, anche osservando empiricamente le manifestazioni di meteo e clima. Da queste nuove esigenze sono sorte nuove opportunità, anche a livello formativo. Lo osserviamo con il proliferare di nuovi corsi di laurea, nello specifico, legati alla sostenibilità.

La tendenza risponde in modo efficace e puntuale a bisogni e spendibilità reali?

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Ne abbiamo parlato con Giovanni Grieco, professore associato dell’Università degli studi di Milano (dove insegna all’interno dei corsi di laurea in Scienze naturali e Scienze della Terra) e attualmente anche docente di Georesources and Sustainability nel nuovo corso di laurea magistrale in Environmental change and global sustainability (ECGS) proposto dalla Statale per maturare competenze che predispongano a gestire le attività antropiche in ottica sostenibile.

Con quali presupposti sono nati questi nuovi corsi di laurea?

Nel nostro caso su iniziativa dei dipartimenti di Scienze politiche e di Economia. L’idea è stata di unire l’impostazione scientifica a un approccio olistico, che dunque coniugasse un insieme di discipline “tradizionali”, ma di ampio respiro, con l’innovazione “dentro” ai corsi. Questa credo sia l’attitudine migliore verso la questione ambientale, che è un sistema complesso e, in quanto tale, non è la somma delle sue parti.

Tuttavia, l’intento con cui sono sorti è la forza e al contempo la debolezza dei nuovi corsi di laurea, che sono stati messi in piedi – in molti casi, non in tutti – sulla base dell’urgenza e non della previsione. Ad esempio, essendo corsi interdipartimentali sono coinvolti docenti di aree anche molto diverse tra loro e quindi non sempre c’è comunicazione e coordinamento per far sì che la didattica sia bene integrata. In linea generale, il rischio da considerare quando si coglie un trend è non farsi fagocitare dall’accelerazione tipica della contemporaneità.

A chi si rivolgono queste nuove aree di studio?

A tutti, entro certi limiti. I requisiti d’accesso sono meno stringenti rispetto ad altri corsi scientifici “tradizionali” ma è comprensibile che lo siano. In primo luogo per includere chi ha un background socio-economico – al momento la maggioranza – e poi perché parliamo di una laurea magistrale, che presuppone una base teorica pregressa ben consolidata in un campo specifico di competenze. Solo all’estero ci sono corsi simili di livello pari alla nostra “triennale” e d’altro canto, corsi del genere mirano ad attrarre anche gli studenti stranieri, non a caso sono proposti in inglese. È una scelta efficace secondo la mia attuale esperienza nel corso di ECGS, dove gli iscritti provengono soprattutto da Paesi extraeuropei.

Quali competenze dovrebbero sviluppare questi nuovi laureati?

Idealmente sono di tre tipi: scientifiche, politico-amministrative ed economiche. Non per formare dei “tuttologi” ma per preparare a un ruolo gestionale; per avere cognizione di vari aspetti, pur lasciando l’operatività agli specialisti. Ad esempio, nel lavoro di bonifica di una miniera – il mio campo professionale – un laureato in ECGS dovrebbe stare in cima alla “piramide” nella gestione dell’attività. Il problema è quando la piramide è rovesciata. Se consideriamo il numero di iscritti attuali, che abbiamo visto lievitare come post “effetto Greta” nel 2019, la tendenza porterà ad avere molti manager a fronte di pochi esperti che si “sporchino le mani” sul campo. Sarebbe auspicabile un assestamento per riequilibrare questa sproporzione.

C’è riscontro nel mercato del lavoro?

Nel nuovo corso di ECGS i primi immatricolati stanno svolgendo ora il progetto di tesi. Non ci sono ancora statistiche post laurea essendo corsi “pionieri” e come tale è tutto in via di definizione. L’università si è adeguata alle richieste che vengono dalla comunità scientifica internazionale e dalla politica. La garanzia futura sull’occupabilità non c’è perché è un campo di studi innovativo e in quanto tale si naviga a vista come per ogni fase di transizione, ma sicuramente ha una sua spendibilità e può trovare applicazione sia nelle aziende che negli enti pubblici per consulenze e progetti.

Nel mio campo ad esempio, il Pnrr adesso ha stanziato cifre significative per le georisorse e le attività estrattive in Sardegna. A tal proposito, una mia tesista siriana del corso di laurea in ECGS sta svolgendo un lavoro di ricerca sulle discariche di antimonio, che di norma inquinano tantissimo. Grazie alle competenze che ha sviluppato, lei si sta occupando della valutazione del loro impatto sul territorio non solo a livello ambientale, ma anche economico e legislativo; per capire la fattibilità di una riapertura a livello di emissioni, di iter burocratico e il valore di mercato della risorsa.

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Roberta Nutricati

Roberta Nutricati

Laureata in Lettere Moderne a Siena e in Relazioni Internazionali a Torino. Dopo aver vissuto e lavorato in Spagna per un anno, ho conseguito un master in Europrogettazione e il riconoscimento alla Camera dei Deputati come Professionista Accreditata presso la Fondazione Italia-USA a Roma. Collaboro con il settimanale TheWise Magazine e scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare pubblicista.

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