Economia, politica, povertà, sono le parole chiave che spingono migliaia di migranti a lasciare il Venezuela. Negli ultimi 5 anni, il 20% della popolazione venezuelana ha lasciato il PaeseEl Pais considera questa situazione come una diaspora, perché nessun venezuelano è diretto verso una meta precisa, ma è alla ricerca di una condizione di vita migliore.

Per Buonenotizie.it, due interviste per analizzare questo fenomeno.

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Il Venezuela, un Paese sospeso fra il petrolio e i migranti

Il petrolio è stato il principale protagonista della caduta del Venezuela: gli Stati Uniti hanno dato avvio a una guerra economica, che ha completamente tagliato fuori dal credito americano il Venezuela. Questo ha creato una crisi economica fortissima e negli ultimi 5 anni il Venezuela si è spopolato. Pilar Perez, traduttrice venezuelana ora residente a Bologna, racconta del suo arrivo in Italia e del suo progetto per aiutare i connazionali.

“Mi chiamo Pilar e provengo dalla città venezuelana di Maracay – si presenta Pilar – vivo a Bologna da quattro anni e sono una traduttrice. Sono andata via dal Venezuela come migrante con mio marito e mio figlio, che allora aveva 3 anni. I miei genitori ci hanno aiutato economicamente: la nostra condizione sociale ci ha consentito di non vivere la brutalità delle rotte dei migranti. Sia io che mio marito lavoriamo con la lingua spagnola: io sono traduttrice per il tribunale, mentre lui è lettore a scuola.

Ci manca il Venezuela, ma non era un luogo sicuro in cui far crescere nostro figlio. Non vogliamo però dimenticarci del nostro Paese e qui in Italia cerchiamo di aiutare altri venezuelani come noi. Non è facile: la parola Venezuela fa scuotere la testa alle altre persone di origine sudamericana che vedono nel fenomeno migratorio una piaga, una situazione ingestibile. Sono infatti migliaia gli uomini, le donne e i bambini che scappano senza meta, privi di cibo e cure mediche. Molti di loro rimangono per mesi nei campi profughi con altri migranti, in ambienti sovraffollati e in condizioni difficili. In altri casi le famiglie vengono separate, dando modo solo agli uomini di cercare un lavoro nelle città, lasciando le madri e i figli soli in centri di accoglienza: molti migranti si stanziano nelle periferie delle città, diventando preda di narcotrafficanti e prostituzione. 

L’accoglienza dei migranti in Italia

“Il nostro obiettivo è quello di accogliere le famiglie – continua Pilar – e cercare di dar loro suggerimenti su come poter trovare un lavoro e come inserirsi nella realtà italiana. Organizziamo cene a casa nostra, per creare un clima di normalità e di dialogo. I migranti venezuelani arrivano da ogni area del Paese e da ogni classe sociale: dalla middle class, alla più povera. In queste ultime settimane la Guerra in Ucraina, sta rivoluzionando le alleanze mondiali. Fra queste, protagonista è il Venezuela: gli Stati Uniti stanno aprendo un dialogo con Maduro. L’obiettivo è sicuramente il petrolio, ma nuovi investimenti e una politica incentrata sulla stabilità del Paese potrà ridurre il fenomeno di migrazione e ripopolarlo.

Io e mio marito facciamo tutto questo gratuitamente, ma con grande piacere. Vogliamo che le persone non si sentano sole come noi, all’inizio. La condizione di migrante è difficile, ma con accoglienza e la sensazione di non essere soli, tutto è più semplice”.

L’accoglienza dei migranti venezuelani in Sud America

I migranti del Venezuela cercano rifugio in ogni Paese del Sud America; l’UNICEF stima che i migranti siano oltre 6 milioni. Intanto UNHCR e OIM hanno lanciato un piano di 1,79 miliardi di dollari per sostenere la comunità venezuelana e proteggere i migranti. Kari Silva, psicologa brasiliana di San Paolo, lavora per Welcomed through Work: un’associazione che si occupa dell’accoglienza e dell’inserimento dei rifugiati del Venezuela in contesti lavorativi.

“Sono Kari, una psicologa e attivista di San Paolo – racconta Kari – ho lavorato per anni nelle favelas e negli ultimi due anni mi sono occupata dell’accoglienza dei migranti venezuelani. In Brasile, a partire dal 2017, sono arrivati oltre 200 mila migranti venezuelani. Come stabilito dalla IV° Riunione Tecnica Internazionale del processo di Quito del 2019, i Paesi del Sud America hanno iniziato un piano di collaborazione per l’accoglienza dei venezuelani. Il governo brasiliano ha attuato un progetto di ricollocamento e di aiuto, per dare nuove opportunità a coloro che arrivano dal Venezuela”.

L’ascolto dei migranti

“Mia madre è cilena e parlo lo spagnolo come madrelingua – continua Kari – questo mi consente di ascoltare i migranti e aiutarli anche in operazioni di traduzione. Il mio compito è quello di accogliere coloro che arrivano in Brasile, capire quali sono le loro attitudini e inserirli nel contesto lavorativo per loro più affine. Il lavoro dà dignità alle persone, allontana i migranti da situazioni pericolose e cura i traumi causati dalla fuga.

L’emergenza Covid ha creato molti problemi nella gestione dei flussi migratori che, ora più che mai, continuano a riversarsi sui greti dei fiumi, sulle strade e sulle coste in condizioni disumane. Il Brasile si è reso da subito disponibile nel processo di accoglienza, come altri Paesi latini. Fra questi, la Colombia che ha realizzato un grande lavoro di censimento e reinserimento. Vedo nel nuovo dialogo fra Stati Uniti e Venezuela la possibilità di una nuova fase di nascita per il Paese. Nel frattempo continuo la mia missione, fiduciosa che molte persone potranno tornare a casa.” 

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Erika Mattio

Erika Mattio

Erika Mattio, giornalista, autrice, archeologa, antropologa, viaggiatrice, dottoranda in Antropologia fra Madrid e Venezia. Ho studiato a Istanbul e Mashhad per poi intraprendere spedizioni in Medio Oriente e in Africa. Scrivo per BuoneNotizie.it e sono diventata pubblicista grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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