Nel mese di febbraio, sono entrate nel vivo le trattative con l’Iran, in corso a Vienna,  per stabilire un accordo sul nucleare. I colloqui mirano a ripristinare l’accordo JCPOA (Joint Comprehensive Plan Of Action) stabilito nel 2015 col cosiddetto gruppo P5+1 di cui fanno parte Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Cina, Russia e Germania. La situazione è cambiata a maggio 2018, a seguito della decisione dell’amministrazione americana Trump di venir meno all’intesa e varare una serie di restrizioni severe nei confronti della Repubblica Islamica. Si è quindi ritornati in queste settimane al tavolo dei negoziati con protagonisti il presidente americano Biden e il leader iraniano Ebrahim Raisi.

La storia del nucleare in Iran

Il percorso nucleare dell’Iran nasce grazie agli Stati Uniti che nel 1957 donano, all’allora alleato Iran, un piccolo reattore nucleare. Nel 1968 Teheran fa parte dei 51 firmatari del Trattato di Non Proliferazione, dichiarando di non volersi dotare di armi di distruzione di massa. Con la presa di potere di Khomeini finisce ufficialmente la collaborazione con gli Stati Uniti. Il leader condanna dapprima come immorale il programma nucleare e decide di chiuderlo, ma lo riprende a seguito del conflitto con l’Iraq di Saddam Hussein. Nel 1984 gli Stati Uniti iscrivono l’Iran nella lista degli Stati terroristi e danno il via a una serie di sanzioni e restrizioni. Nel 2002 si recuperano prove di un programma nucleare iraniano segreto. L’elezione di Ahmadinejad nel 2005 fa precipitare la situazione: nuove sanzioni e l’interruzione dei rapporti Iran- USA.

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L’accordo del 2015: il JCPA

L’accordo del 2015 era finalizzato a impedire all’Iran di sviluppare conoscenze e tecnologie sufficienti a ottenere un’arma nucleare. Al termine di due anni di negoziati, si giunge alla firma. L’ accordo nucleare impone all’Iran un sensibile ridimensionamento del suo programma nucleare. Acconsente inoltre al monitoraggio delle attività in ambito nucleare per verificare che il suo programma sia esclusivamente per scopi civili. Teheran rispetta le indicazioni ricevute anche dopo la decisione degli Stati Uniti di far decadere l’accordo. Le ispezioni dell’AIEA, l’Associazione internazionale per l’energia atomica, lo certificano fino a maggio 2019.  Da quel momento invece l’Iran ha smesso di onorare alcuni dei suoi impegni: secondo l’ISPI, l’Istituto per Gli Studi di Politica Internazionale,  il tempo necessario all’Iran per costruire una bomba atomica è diminuito in modo preoccupante.

Il negoziato di Vienna

L’ipotesi di lavoro del negoziato è quello di riattivare l’intesa del 2015. A detta del ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian per l’Iran “non c’è bisogno di negoziati”: la revoca delle sanzioni in atto sarebbe sufficiente a ritornare a quella situazione. L’agenzia internazionale per l’energia atomica ha però dichiarato di vedere “gravemente minacciato” il ruolo dell’Agenzia dalla “decisione dell’Iran di interrompere l’attuazione dei suoi impegni relativi al nucleare nell’ambito del JCPOA.” In ogni caso il timore per un utilizzo delle competenze e tecnologie nucleari in ambito bellico preoccupa l’attuale amministrazione americana che non è intenzionata a lasciare che l’Iran sviluppi un’arma nucleare. Secondo il report dell’agenzia pubblicato ad agosto, la Repubblica Islamica sta arricchendo l’uranio al 60%: inferiore al 90% necessario in ambito bellico ma molto al di sopra del limite del 3,67% consentito dagli accordi del JCPOA.

La situazione attuale

Il leader conservatore Raisi ha portato al tavolo delle trattative richieste più impegnative: l’immediata revoca di tutte le sanzioni e la garanzia che gli USA non si ritireranno dall’accordo in futuro. La revoca delle sanzioni ripristinerebbe per esempio la possibilità per l’Iran di esportare il proprio petrolio. Tuttavia gli accordi di vendita con la Cina stanno ormai compensando le perdite dovute alle sanzioni, rendendo meno efficaci e stringenti le sanzioni internazionali. La preoccupazione dei Paesi occidentali è dovuta alla stima che i progressi sul nucleare iraniano saranno presto così avanzati da non poter essere invertiti da un nuovo accordo. Timori confermati dal varo di una legge nella quale il parlamento iraniano chiede al governo di accelerare il suo programma nucleare.

Un accordo di pace: il nucleare civile in Iran

Pur in un contesto così fragile e intricato, il ripristino di un accordo sembra essere un passo importante. Dal punto di vista iraniano, perché darebbe ossigeno all’economia del paese e credibilità internazionale. Consentirebbe inoltre il proseguimento del programma nucleare per scopi civili. Dal punto di vista della comunità internazionale, permetterebbe di tenere sotto controllo gli investimenti e i progressi in ambito nucleare della Repubblica islamica e darebbe sollievo agli alleati della regione, riducendo le tensioni in un territorio dagli equilibri delicati. Il primo recentissimo passo in questa direzione è la decisione americana di consentire alcune deroghe alle sanzioni in vigore. Le imprese straniere potranno tornare così a lavorare su progetti civili in Iran.

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Davide Scorza

Davide Scorza

Davide Scorza, educatore in servizi dedicati ai giovani e allo sviluppo di comunità. Curioso delle potenzialità di applicazione dei media in ambito sociale. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista.

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