Dal 1 agosto le grandi navi a Venezia non potranno transitare: quali sono le soluzioni per tutelare ambiente e turismo?

Il momento che molti veneziani attendevano e per il quale alcuni avevano combattuto per anni è arrivato. Dallo scorso 1 agosto le navi di stazza superiore alle 25mila tonnellate, ai 180 metri di lunghezza o ai 35 metri di altezza non potranno più transitare nel Bacino di San Marco e nel Canale della Giudecca.  Il progetto è di convogliare il traffico di turisti temporaneamente verso Marghera, in attesa di soluzioni definitive.

Grandi navi, il dilemma tra ambiente ed economia

L’interrogativo che attanaglia i veneziani e divide l’opinione pubblica riguarda proprio le soluzioni che adotterà l’amministrazione, di concerto con il governo, per tutelare ambiente e turismo allo stesso tempo. Perché se è vero che la presenza delle grandi navi a Venezia è da anni nel mirino di associazioni ambientaliste e comitati di cittadini per i rischi che comporta il passaggio dei “giganti del mare” a pochi metri dalla riva, è altresì vero che le grandi navi trasportano turisti, la risorsa più preziosa per la città in tempo di pandemia.

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Al momento la soluzione temporanea di far attraccare le grandi navi a Marghera non convince fino in fondo. Non si tratta certamente di una soluzione definitiva: il porto non è attrezzato per sostituire quello di Venezia. Per realizzare almeno cinque punti di scalo entro il prossimo anno sono già stati stanziati 160 milioni di euro: ma ancora non basta. Marghera è un porto commerciale, non turistico: se si deciderà di rendere definitiva questa soluzione, bisognerà pensare anche al trasporto dei passeggeri.

Di certo i lavori di adattamento del porto di Marghera saranno erculei e non affatto a impatto zero, anche dal punto di vista ambientale. Bisognerà necessariamente intervenire sul canale Malamocco-Marghera, chiamato “dei petroli” e scavato negli anni Sessanta per convogliare le navi dirette al Petrolchimico. Bisognerà chiarire l’entità dell’investimento economico da stanziare e soprattutto le finalità: per Venezia è più importante la salvaguardia del suo equilibrio, già instabile, o il benessere economico portato dai turisti?

Molti operatori che avevano Venezia tra gli scali già programmati dovranno ricalcolare lo scalo, facendo scendere i turisti a Trieste, Monfalcone o Ravenna: altri hanno già annunciato la cancellazione.

Venezia può fare a meno delle grandi navi?

Secondo i dati forniti da Clia (Cruise Lines International Association), il cliente che scende da una nave da crociera spende in media circa 200 euro al giorno, tra soggiorno in città e spese vive. L’indotto che viene dalla crocieristica è indispensabile per la città: per questo, come sottolinea anche l’ex sindaco Giorgio Orsoni, “Venezia non può fare a meno del suo porto“.

Il governo ha promesso compensazioni economiche per risarcire tutti gli interessati dallo stop: secondo Clia, però, lo stanziamento di 25 milioni coprirebbe solo una parte delle perdite, quantificate per almeno 80 milioni. Senza una soluzione definita in tempi brevi, dunque, si rischia di incentivare il cosiddetto “turismo mordi e fuggi”: ondate di “pendolari” che non rappresentano una risorsa economica per la città.

Il progetto di realizzare un porto definitivo dedicato ai turisti al di fuori delle acque protette ha tempi e costi di realizzazione ancora non quantificati: per conoscere il progetto vincitore bisognerà aspettare almeno fino al 2023. Nel frattempo, pandemia permettendo, i veneziani si augurano che la diatriba tra turismo, economia e ambiente sollevi anche una questione più “filosofica” ma non meno pragmatica. Ripensare alla “qualità” del turismo veneziano è un imperativo categorico per dare davvero nuova vita a una città sempre più svuotata nella sua essenza e sempre più ostaggio delle necessità e dei bisogni dei turisti.

La vera “sfida” per Venezia è più grande delle grandi navi: è far tornare i veneziani a poter progettare una vita all’interno della città. Spenderne il nome per qualcosa di più di qualche cartolina e souvenir.

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Giulia Zennaro

Giulia Zennaro

sono una giornalista freelance di cultura e società, scrivo come ghostwriter, insegno in una scuola parentale e tengo laboratori di giornalismo per bambini. Scrivo per Hall of Series e theWise Magazine e, naturalmente, BuoneNotizie.it: sono diventata pubblicista grazie al loro laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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