Come sarà l’ospedale del futuro? Ma soprattutto: in cosa sarà diverso (e migliore) rispetto agli ospedali del passato?

Forse mai come in questo periodo la natura dell’ospedale è messa in discussione e da “luogo ospitale” ora è percepito diffusamente come luogo di morte. L’ospedale del futuro sarà differente. La situazione risulta aggravata anche dal periodo di pandemia, dato che i pronto soccorso sono stati presi d’assalto al culmine della pandemia. Si pensa che siano ormai maturi i tempi per ricorrere in modo convinto alle nuove tecnologie, in particolare quelle che attuerebbero la tele-medicina e consentirebbero così un capillare lavoro di prevenzione sul territorio. I pazienti verrebbero seguiti direttamente nelle loro case, e solo in caso di vera urgenza o bisogno ricorrerebbero all’ospedale. Se ne parla da tempo, in realtà, ma ancora non è stata raggiunta una consistenza strutturale che possa dare forma a un nuovo modello di ospedale.

Per sapere come sarà il nosocomio di domani, abbiamo parlato con Riccardo Bellazzi, bioingegnere che dirige il laboratorio di informatica e sistemistica dell’IRCCS Maugeri di Pavia, e ordinario di bioingegneria elettronica all’università di Pavia.

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RE-Hub-ILITY: ospedale del futuro riabilitativo a casa propria

Il primo progetto al quale lavora Bellazzi è RE-Hub-ILITY, finanziato da Regione Lombardia e guidato dall’Istituto Maugeri con la collaborazione dell’Università di Pavia e alcune aziende tecnologiche lombarde.

Questo progetto punta ad assistere il paziente direttamente a casa propria. Il sistema di cura è basato su tecnologie di sensoristica di movimento (come la Wii o Kinect) e apparecchiature che guidano il paziente nell’esercizio fisico, oltre a controllare costantemente anche le reazioni alle terapie farmacologiche. Queste tecnologie permettono anche uno scopo riabilitativo a seguito di operazioni e/o infortuni. Infatti le apparecchiature registreranno dati diretti del paziente, arrivando sotto la supervisione del medico che direttamente dal suo studio, in ogni momento, potrà modificare la cura e gli esercizi da far fare in base ai risultati ricevuti in tempo reale.

Ci sono due differenti modi di attuazione della terapia domiciliare: il primo attraverso dei sensori ambientali di movimento, mentre il secondo con dei dispositivi indossabili (es. braccialetti Fitbit). Il primo risulta essere più semplice, mentre il secondo dà riscontri più precisi, diretti e complessivi (monitorando per esempio anche il sonno).

Capable: assistenza psicologica a casa propria

CAncer PAtients Better Life Experience (CAPABLE) invece è un progetto europeo, nell’ambito “Horizon 2020”. Si rivolge ai malati di tumore e consente di usufruire di assistenza domiciliare oncologica psicologica: la propria abitazione diviene così l’ospedale del futuro.

In questo progetto è interessante il connubio tra uomo e macchina. Infatti, un’applicazione scaricabile da qualsiasi mobile store, monitora anche l’umore del paziente in base a quello che scrive e dice. Il paziente può quindi contare h24 su un counseling misto uomo-macchina che lo tranquillizza ed evita che si precipiti al pronto soccorso inutilmente.

Di recente sono state rese disponibili le prime demo del progetto CAPABLE. Per il momento hanno aderito l’IRCCS Maugeri per i malati di tumore al rene, l’Associazione nazionale malati cancro e l’Amsterdam Medical Centre per il tumore al seno.

In itinere c’è anche un progetto di monitoraggio incrociato dei dati sull’andamento glicemico e la frequenza cardiaca con i bracciali Fitbit per diabetici. “La tecnologia ci mette a disposizione molti tool” dice Riccardo Bellazzi, “Si deve cercare di non far venire gente al pronto soccorso quando può essere seguita a casa. Ovvio però che serve più personale per gestirli, magari gli stessi medici in pensione”.

L’ospedale del futuro basato su una nuova telemedicina

La telemedicina aiuterebbe nel lavoro di prevenzione territoriale anche per future pandemie. Tutte queste tecnologie si basano però su dati e questo è il tallone d’Achille dei progetti in questione, come anche ricorda Bellazzi: “Credo sia piuttosto incredibile che nel 2020 i dati generati vengano messi in silos e non a disposizione del servizio pubblico sanitario per completare la cartella clinica del paziente. Abbiamo bisogno di un intervento normativo che stabilisca l’incedibilità dei dati del paziente”.

Questi sono progetti regionali o europei e hanno dati aperti, quindi non hanno questo problema. Ma quando si passa ad attuare il servizio, entrano in gioco le aziende che sono proprietarie del software, piuttosto che dell’algoritmo. In questi casi i dati non possono essere scaricati integralmente e spesso restano di proprietà dell’azienda stessa, senza poter essere utilizzati dai medici. L’ospedale del futuro dovrà quindi contare su questi dati per poter davvero dare una svolta nella prevenzione e nella cura dei suoi pazienti.

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Riccardo Pallotta

Riccardo Pallotta

Laureato in comunicazione e marketing con una tesi sul brand journalism. Attore e speaker radiofonico in Italia e all'estero. Social media manager. Oggi collaboro con BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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