Da anni sotto la lente degli esperti, il Pianeta Rosso potrebbe diventare la nostra nuova casa e un progetto nel deserto israeliano punta a risolvere le criticità.
Marte, da ormai diversi anni, è sotto i riflettori degli scienziati e la colonizzazione del pianeta una sfida con cui la comunità aerospaziale si sta misurando sempre più di frequente. Prima o poi, infatti, la Terra potrebbe morire, a causa di un cataclisma o del surriscaldamento globale, l’uomo potrebbe doversi trovare nella situazione di dover cercare una nuova dimora. Ed è proprio a questo che gli esperti stanno lavorando, perché Marte è il pianeta che, in passato, era ciò che più si avvicinava al luogo in cui attualmente viviamo: con i suoi fiumi e i suoi laghi, era infatti completamente diverso dal luogo inospitale che è oggi, in cui l’uomo non potrebbe sopravvivere per più di un minuto senza adeguate protezioni.
Ora le sue temperature si sono abbassate, l’atmosfera si è rarefatta e la superficie del pianeta è molto più simile a quella di un deserto. Numerose sono quindi le domande che con il tempo hanno cominciato a porsi gli esperti, sempre più interessati a capire il motivo di questa particolare evoluzione. Altrettanto numerosi sono i progetti che hanno preso il via per cercare di capire se la vita su Marte sia possibile. Basti pensare al programma di esplorazione della NASA, o al piano delineato dall’ormai famosa SpaceX di Elon Musk. Oppure, ancora, ad AMADEE-20, una missione attualmente in corso nel deserto israeliano, che si è posta l’obiettivo di capire quali potrebbero essere le difficoltà riscontrate dai futuri abitanti del Pianeta Rosso per meglio organizzarsi in vista di una nuova “Terra”.
Sperimentare la vita su Marte tra città marziane e missioni desertiche
Nonostante il sogno di colonizzare Marte sia piuttosto vivido, tanto da portare alla nascita di idee come quella di Nüwa, una città marziana futuristica, per ora gli scienziati possono solo accontentarsi di inviare sul suolo del Pianeta Rosso delle spedizioni composte da sonde. Per l’uomo, infatti, al momento, la vita su Marte non è possibile. Questo è dovuto soprattutto al fatto che il pianeta è pieno di radiazioni: in uno studio pubblicato nel 2014 dalla rivista Science, si stima che, per una permanenza di poco più di dodici mesi, un astronauta riceverebbe una quantità di raggi cosmici più di venti volte superiore a quella annua consentita per legge per chi lavora nell’industria del nucleare. Un numero, insomma, che porterebbe a una maggiore probabilità di sviluppare cellule tumorali e varie patologie.
Questo non è l’unico problema: Marte non è provvisto di acqua allo stato liquido, però è stata documentata la presenza di ghiaccio nelle calotte polari e al di sotto della sua superficie, ma questo implica che un’eventuale base marziana debba necessariamente essere collocata in un luogo in cui questo sia facilmente reperibile, per permettere agli astronauti di procedere con un sistema di riciclaggio dell’acqua.
Un discorso a parte è invece il cibo. Sebbene possa essere portato tramite rifornimenti dalla Terra, è comunque necessario che venga avviata una produzione autosufficiente. Dal momento che gli allevamenti di animali devono per forza essere esclusi, a causa dell’elevato quantitativo di risorse richieste, l’idea è quella di puntare alle coltivazioni, rese comunque complicate per la presenza delle radiazioni.
AMADEE-20, un progetto per emulare la vita su Marte
Per permettere all’uomo di approdare sul Pianeta Rosso, gli scienziati hanno bisogno di tempo e di dati. Per questo motivo, l’Austrian Space Forum ha recentemente avviato la missione AMADEE-20, che si pone l’obiettivo di simulare le condizioni di vita marziane. A parteciparvi sono cinque uomini e una donna, che dall’inizio di ottobre sono in isolamento nel cratere Ramon, in Israele.
Fino alla fine del mese, i sei astronauti dovranno svolgere una serie di test per capire quali potrebbero essere le difficoltà incontrate dai futuri coloni di Marte. Fra questi, l’utilizzo di un prototipo di drone che funziona senza GPS e di un rover automatizzato alimentato da sole e vento. Gli esperti, che li seguiranno dall’Austria, avranno invece la possibilità monitorare le loro condizioni, come, per esempio, eventuali situazioni di ansia o depressione che potrebbero maturare.
AMADEE-20 non è la prima missione di questo tipo realizzata dall’Austrian Space Forum. Nel febbraio del 2018, nel deserto dell’Oman, si è infatti tenuta AMADEE-18, una simulazione, sempre della durata di un mese, che ha anche permesso di testare un orto ipertecnologico in grado di garantire un corretto apporto nutrizionale e un’alimentazione di alta qualità ai membri dell’equipaggio.

Due astronauti di ritorno alla base israeliana © OeWF – Florian Voggeneder
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