Il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) investirà 500 milioni di euro per inaugurare, entro il 2026, il primo grande impianto italiano per la produzione di elettrolizzatori. Questi dispositivi elettrochimici consentono di rompere le molecole dell’acqua separando l’idrogeno dall’ossigeno, producendo idrogeno verde. Il progetto del governo, finanziato nel contesto del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, non si limita però alla sola estrazione di idrogeno verde.

L’investimento si pone infatti anche l’obiettivo di realizzare delle Hydrogen Valley, con cui riqualificare alcune aree industriali dismesse nel Sud Italia. Investire nell’estrazione di idrogeno verde consentirebbe di favorire la ripresa economica dell’industria locale a partire dalla crescita dell’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili. Per questo il Ministero assegnerà altri 2 miliardi di euro per l’utilizzo di idrogeno verde in settori industriali dove la decarbonizzazione è più difficile.

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Non tutto l’idrogeno è sostenibile

Per estrarre l’idrogeno, si deve intervenire sugli elementi a cui è solitamente aggregato, come acqua e idrocarburi formati da idrogeno e carbonio. Il processo di estrazione può essere alimentato in vari modi e, a seconda del grado di inquinamento del processo, questo elemento viene catalogato per colori. La forma più comune è quella di colore grigio, quella più sostenibile è invece l’idrogeno verde, estratto usando energia da fonti rinnovabili.

Questa forma di idrogeno è ancora molto limitata e non supera l’1% della produzione totale di idrogeno, ma la situazione potrebbe cambiare. Ci sono diversi progetti in fase di sviluppo che potrebbero incrementare la produzione di idrogeno pulito. La previsione dell’International Energy Agency, l’organizzazione internazionale intergovernativa che facilita il coordinamento delle politiche energetiche tra alcuni Paesi, è di passare dalle 0,6 milioni di tonnellate registrate nel 2021 a oltre 24 milioni di tonnellate di idrogeno verde all’anno prodotte entro il 2030.

Alimentare alcuni settori industriali come siderurgico, chimico, cementizio e dei trasporti con questa forma di energia potrebbe diventare quindi cruciale per accelerare la transizione energetica. Secondo lo studio dell’Ue “Hydrogen Roadmap Europe”, l’idrogeno verde potrebbe coprire fino al 24% della domanda finale di energia, riducendo la CO2 globale fino a 560 milioni di tonnellate. Inoltre, sempre lo stesso studio afferma che lo sviluppo di questo settore estrattivo potrebbe generare 5,4 milioni di posti di lavoro entro il 2050.

L’idrogeno resta però difficile da contenere e brucia con facilità e quindi ad oggi il trasporto è complesso ed economicamente dispendioso. Per questo, il governo italiano intende finanziare progetti che prevedono di riqualificare impianti industriali dismessi alimentandoli ad idrogeno, cosicché la transizione porti a risultati concreti nell’immediato. Esistono però forme di immagazzinamento al centro di sperimentazioni.

Presente e futuro dell’idrogeno verde

Il progetto europeo HyCare, che in Italia coinvolge il dipartimento di chimica dell’università di Torino, non ha ancora prodotto molte applicazioni commerciali, ma prevede di produrre e stoccare idrogeno a bassa pressione con i sistemi modulari di Gkn Hydrogen. Un sistema di stoccaggio dell’azienda è già stato installato in un agriturismo vicino a Brunico, in Provincia di Bolzano, aprendo la strada dell’applicazione a imprese e settore residenziale.

Le università di Genova, Cagliari e Brescia hanno invece avviato il progetto di ricerca Promth2eus, che prevede l’utilizzo di un elettrolizzatore innovativo. Il progetto è partito a settembre 2022 e ha ricevuto un finanziamento di 3,5 milioni nell’ambito del PNRR e del Next Generation Eu. L’obiettivo è quello di estrarre idrogeno dall’acqua del mare. Sarebbe così ipotizzabile far viaggiare le navi con idrogeno prodotto direttamente nei porti, usando il fotovoltaico. Per quanto riguarda le strade futuribili, sono in corso studi per cercare di estrarre idrogeno verde da rifiuti non riciclabili come la plastica termoindurente.

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Giovanni Beber

Giovanni Beber

Giovanni Beber. Studio Filosofia e Linguaggi della Modernità presso l'Università di Trento e sono il responsabile della comunicazione di un centro giovanile a Rovereto. Collaboro con alcuni blog e riviste. Mi occupo di sostenibilità, ambientale e sociale e di economia e sviluppo.

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