Estrarre acqua potabile dall’aria non è più un’utopia. Alcune soluzioni hanno generato le prime applicazioni concrete.

L’estrazione di acqua potabile dall’aria sembrava ai più un’idea futuristica, ma già da decenni ormai si è mobilitata la ricerca in tal senso. Il MIT ha realizzato il MOF (metal-organic framework), ma si tratta ancora un prototipo, seppure abbia superato positivamente i test a cui è stato sottoposto fino ad ora. D’altra parte, ci sono stati una serie di tentativi andati a buon fine: soluzioni che fanno capo a differenti tecnologie.

I progetti volti a estrarre acqua dall’aria sono nati dal desiderio di migliorare le condizioni di vita delle popolazioni carenti di acqua potabile. Una prospettiva che potrebbe salvare la vita di interi villaggi, se solo si riuscissero a diffondere maggiormente tali invenzioni.

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Acqua potabile dall’aria. Le applicazioni pratiche

Una delle tecnologie che ha reso questo sogno possibile è nata in Israele con la società Water Gen. Sono stati realizzati tre dispositivi che si basano su un processo di scambio e raffreddamento del calore e sulla condensazione dell’acqua. Il meccanismo prevede l’aspirazione dell’aria esterna e la purificazione da polvere e particelle, facendola passare attraverso un filtro interno e aggiungendo altri minerali. Si ottiene così acqua di buona qualità che poi viene fatta circolare nel serbatoio interno per assicurarne la purezza e la freschezza.

Lo scorso anno è stato dato in dono alle autorità del Brasile, Vietnam e India un generatore di acqua su larga scala. L’applicazione umanitaria di questa tecnologia ha una portata incommensurabile, specialmente se si guarda al futuro. Al momento gli aiuti si contano anche nella Striscia di Gaza con la produzione fino a 5.000 litri di acqua pulita al giorno. Un grande intervento se si considera la siccità e l’assenza di acqua potabile che contraddistingue la zona.

Ma i risvolti positivi non finiscono qui. Si pensa anche al caso degli incendi nella California del 2018. La fornitura d’acqua è stata fondamentale nelle azioni di salvataggio in quell’occasione, ma anche in seguito ai danni causati dagli uragani Harvey e Irma nel Texas e in Florida per rifornire d’acqua i residenti.

Generare acqua in base alla necessità

L’idea poi di realizzare diversi dispositivi dalle diverse caratteristiche consentirebbe di gestire svariate situazioni d’emergenza. Di base questo tipo di meccanismo ha bisogno di energia elettrica per funzionare, ma in quantità ridotta, in modo da poter ricaricare la notte, quando il costo dell’energia è più basso. In base alla grandezza del generatore si potrebbero rifornire scuole, ospedali, zone residenziali e commerciali, interi villaggi e comunità. Mentre zone meno accessibili potrebbero necessitare di un generatore trasportabile a media scala. Le dimensioni ridotte invece permetterebbero l’ottimizzazione nella generazione di acqua in base alle condizioni atmosferiche esterne e per un utilizzo in casa o negli uffici.

Una diversa applicazione nei campi profughi e zone desertiche

Se si pensa invece a zone del mondo più difficoltose (per clima, povertà e guerra), risulta fondamentale un prodotto capace di generare acqua senza l’uso di energia elettrica. L’ingegnere Enrique Veiga ha dedicato i suoi ultimi 30 anni all’estrazione dell’acqua potabile dall’aria con la società Aquaer.

Con i pannelli solari viene garantita la produzione dell’elettricità sufficiente a raffreddare l’aria per condensarla e trasformarla in acqua. Un processo che riduce l’impatto sull’ambiente e diventa attuabile anche nelle zone più estreme e inaccessibili. Un altro punto forte è che questo processo non ha bisogno di basse temperature e, anzi, funziona anche a 40C° in un’atmosfera poco umida (tra il 10 e il 15%). Queste sue caratteristiche rendono tale tecnologia valida anche nelle zone più desertiche.

Anche in questo caso, varianti del prodotto potrebbero garantire diverse moli di produzione d’acqua potabile dall’aria. La più grande ne arriva a produrre 5.000 litri al giorno. Attualmente il sogno di Enrique Veiga è stato realizzato offrendo aiuto in un campo profughi nel Libano e in alcune comunità in Namibia.

L’aerogel che produce acqua potabile dall’aria

Un ulteriore progresso si registra alla NUS dove è stato realizzato un aerogel che non ha bisogno di alimentazioni esterne per estrarre acqua potabile dall’aria. Si tratta di un materiale solido, leggero, che al microscopio ha l’aspetto di una spugna. È formato da uno speciale polimero a catena lunga la cui struttura chimica garantisce un costante assorbimento delle molecole di acqua nell’aria: il 95% del vapore acqueo viene poi rilasciato in forma d’acqua. Ne basta un chilogrammo per estrarre 17 litri di acqua potabile in un giorno. Nei test condotti in laboratorio, l’aerogel è riuscito a produrre acqua ininterrottamente per mesi. Resta solo da trovare dei partner industriali per consentirne la diffusione e l’utilizzo.

Verrebbero così fornite soluzioni concrete a uno dei più grandi problemi su scala globale. L’assenza di acqua è una piaga per interi popoli e villaggi che si accontentano di “pozzi della fortuna” con acqua non pulita e portatrice di svariati virus e malattie infettive. Nelle zone desertiche e di siccità l’acqua serve in egual modo per idratare le persone e irrigare i campi, consentendone la coltivazione. Nelle zone di guerra invece può fare la differenza tra la vita e la morte.

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Mara Auricchio

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