Il vaccino contro l’ebola segna l’inizio di una nuova pagina: per l’Africa, ma anche per noi. Ne parliamo in un’intervista.

In Africa, una della malattie che fa più paura e di cui non ci sono vaccini efficaci è l’ebola. Prende il nome dal fiume Ebola, che scorre nello Zaire, dove questa malattia venne registrata per la prima volta nel 1976. Come per la malaria, il vaccino contro l’ebola è in fase di sperimentazione da anni, ma ad oggi i risultati sono incoraggianti.

In molte aree del centro Africa, come Sierra Leone, Ruanda, Uganda, Burundi, Gabon, questa febbre emorragica non lascia scampo e, come per altre malattie, influisce sull’economia e sulla vita delle famiglie. Le sperimentazioni in campo del nuovo vaccino potrebbero dare nuova speranza e salvare l’Africa.  Ma non solo. Vivere in un mondo globalizzato, in cui viaggi e migrazioni incidono in modo significativo sulla potenziale diffusione dei virus, rende questo vaccino importante non solo per l’Africa ma anche per le possibili ripercussioni sull’Europa.

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Il vaccino approvato dall’WHO

Nelle ultime settimane l’Università di Oxford e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) hanno reso noto che il vaccino contro l’ebola è stato approvato per la sua sperimentazione, su alcuni volontari. Il dottor Luca Milano, medico vicentino, racconta a buonenotizie.it i prossimi sviluppi.

“Il vaccino contro quello che viene nominato Ebola Zaire e Ebola Sudan è fra le scoperte mediche più importanti di questo secolo – spiega il dottor Milano – Ad oggi, l’università di Oxford ha dato il via alla sperimentazione su alcuni volontari e, presto, si procederà sul campo. L’obiettivo è quello di studiare, per 6 mesi, le reazioni in pazienti sani, di sesso ed età differenti. Fra le particolarità si è utilizzata parte della tecnica del vaccino anti Covid-19, Astrazeneca: questo fattore esonererà dalla sperimentazione coloro che hanno ricevuto questa tipologia di vaccino. Una volta ottenuti i dati statistici si provvederà a lavorare nei Paesi a rischio, probabilmente iniziando dalla Tanzania.

Prima della pandemia, nel novembre 2019, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) aveva indicato come pronto alla sperimentazione il vaccino, realizzato dalla multinazionale MSD. Quando è arrivata la notizia della sperimentazione del vaccino, mi trovavo in Sierra Leone. Ero medico volontario in una piccola realtà vicino a Freetown, la capitale del Paese. Con tutto lo staff abbiamo gioito come se fosse la vittoria dei Mondiali. Proprio qualche mese prima avevamo combattuto contro un focolaio di ebola: se avessimo avuto il farmaco avremmo salvato molte vite.

L’ebola viene trasmessa da carne cruda infetta; fra gli uomini il virus si contrare attraverso i flussi corporei, esattamente come il Covid-19. La malattia è terribile: in pochi giorni disintegra in corpo con gravi emorragie e febbre alta. Trattandosi di una malattia molto contagiosa, neppure noi medici potevamo lavorare a stretto contatto con i malati, che dovevano essere isolati. Questo modus operandi mi ha ricordato quello che è poi avvenuto durante il Covid-19″.

L’ebola, la malaria e il Covid-19: i vaccini che salveranno l’Africa

Immaginate a quanto la scienza si è evoluta in questi ultimi due anni – continua Lucadal vaccino contro la malaria, approvato qualche settimana fa dal WHO, alla scoperta di quello contro il Covid-19 e, ora, al vaccino contro l’ebola. Se non ci avesse fermati la pandemia, sono sicuro che avremmo raggiunto questo risultato già nel 2020. Purtroppo, nonostante l’isolamento inflitto dal Covid-19, la malattia si è continuata a sviluppare in alcuni villaggi: l’assenza di personale medico internazionale e di strumentazione adeguata, ha inevitabilmente influito sulla sorte degli ammalati.

Sono sicuro che la ricerca del vaccino per combattere il Covid-19 abbia dato una grande spinta per continuare la ricerca sugli altri vaccini che erano stati sospesi. Credo davvero si stia scrivendo una nuova pagina della storia: grazie alle sperimentazioni si raggiungerà un traguardo che si stava inseguendo da 40 anni; probabilmente si cambieranno le sorti di molte famiglie e tutto ciò porterà a migliorare l’economia dei villaggi.

Ho lavorato molto in Africa e vedo in questa evoluzione medica un primo passo per abbattere le grandi diversità fra Paesi di primo e terzo mondo. L’accesso alle cure per queste malattie terribili, che nei Paesi più ricchi non esistono o sono facilmente curabili, darà la possibilità al Continente Nero di proiettarsi verso un nuovo sviluppo”.

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Erika Mattio

Erika Mattio

Erika Mattio, giornalista, autrice, archeologa, antropologa, viaggiatrice, dottoranda in Antropologia fra Madrid e Venezia. Ho studiato a Istanbul e Mashhad per poi intraprendere spedizioni in Medio Oriente e in Africa. Scrivo per BuoneNotizie.it e sono diventata pubblicista grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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