Una diagnosi che cambia la vita, quella dell’Alzheimer, una malattia che porta a perdere sé stessi, il ricordo del proprio passato e una lucida presenza per vivere il presente. Oggi ricorre la XXIX Giornata Mondiale dell’Alzheimer: sono numerosissimi gli eventi, le mostre e i convegni previsti per l’occasione. Un momento importante per fare il punto su ricerca, cure, progettualità e passi avanti compiuti nell’ultimo anno per affrontare la sfida di questa malattia, definita anche dall’OMS “una priorità di sanità pubblica”.

Dal 2022, a tale urgenza è stata data anche una prima risposta economica, con uno stanziamento di fondi alle regioni per il Piano Nazionale Demenze di 15 milioni di Euro, cifra ritenuta tuttavia insufficiente dalla Federazione italiana Alzheimer per una malattia i cui costi globali vanno da 1,3 trilioni di dollari nel 2019, alle previsioni di 2,8 entro il 2030 (fonte: OMS).

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Ricerca e cure: si guarisce dall’Alzheimer?

Dopo il Giappone, l’Italia è uno dei paesi più “vecchi” del mondo con 148,6 anziani ogni 100 giovani (fonte: Istat 2020). Circa 1 milione di persone over 65 sono affette da demenza, oltre 630 mila da malattia di Alzheimer e oltre 928 mila da Declino Cognitivo Lieve (fonte: Biogen Deloitte): le previsioni di aumento della popolazione anziana lasciano intravedere numeri sempre crescenti.

Ad oggi l’Alzheimer può essere gestito e in tal senso c’è molto da poter fare, soprattutto fornendo ai caregiver tutti gli strumenti per comprendere la malattia e capire come agire. Tuttavia, dalla demenza purtroppo ancora non si guarisce. Come riportato nell’ultimo numero del Notiziario della Federazione Alzheimer Italia del 2022 “non esistono a oggi terapie risolutive, ma solo sintomatiche. Le terapie testate finora (e anche approvate, come nel caso del discusso Aducanumab, bocciato in Europa), infatti, mirano a eliminare una delle possibili cause associate alla malattia, l’accumulo della beta amiloide, quando i danni associati possono essere già avvenuti e irreparabili”.

Il dibattuto caso del farmaco Aducanumab

È di recente uscita lo studio scientifico pubblicato da Dove Medical Press su sfide e opportunità nell’uso di Aducanumab per il trattamento dell’Alzheimer, che sottolinea la non concordanza tra i pareri espressi nel 2021 dai due maggiori enti regolatori internazionali: FDA negli Stati Uniti che ha approvato l’uso del farmaco ed EMA in Europa che ha dato parere negativo, seguito poco dopo anche dall’agenzia giapponese.

Nello specifico l’EMA non ha approvato Aducanumab anche per la sua ridotta efficacia. “L’approvazione è avvenuta sulla base di risultati ‘surrogati’ e la modalità accelerata della stessa vincola ad uno studio post-approvazione per confermare i benefici clinici – dichiara Mauro Colombo, Ricercatore in gerontologia clinica, ASP Golgi-Redaelli – Gli esperti dell’EMA invece hanno ritenuto che questo farmaco non mostrasse un chiaro segnale di efficacia né un profilo di sicurezza soddisfacente per il trattamento di pazienti in fase iniziale“.

Nuove terapie e il ruolo dell’intelligenza artificiale

Sono numerosi gli studi portati avanti in Italia e nel mondo: alcuni ricercatori presso il CNR stanno indagando i meccanismi che guidano la neurodegenerazione nell’Alzheimer e aprendo spiragli verso terapie per rallentare la progressione della malattia.

Anche l’intelligenza artificiale si sta rivelando una valida strada per sviluppare nuove strategie di diagnosi e cura per prevenire Alzheimer e altre forme di demenza senile: come riporta il Notiziario della Federazione Alzheimer Italia, ricercatori inglesi “hanno sviluppato un algoritmo basato sull’intelligenza artificiale capace di analizzare dettagliatamente le immagini di una risonanza magnetica facendo un’analisi approfondita del cervello. Questo studio, realizzato su un iniziale gruppo di 400 malati di Alzheimer lieve o grave, soggetti di controllo e pazienti con altre malattie neurologiche e demenze, ha diagnosticato la malattia nel 98% dei casi”. Un prezioso passo in avanti per una diagnosi chiara, importante per affrontare questa complessa malattia, che necessita innanzitutto di comprensione e vicinanza umana.

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Giulia Angelon

Giulia Angelon

Mi piace esplorare l’esistenza, osservandone i misteri e sperimentando la forza creatrice che genera l'atto di comunicare quando nasce dall’ascolto e dal dialogo. Per BuoneNotizie.it scrivo di benessere e innovazione in chiave culturale, imparando l’arte di esserci nelle cose con intensa leggerezza.

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