Hikikomori, termine giapponese che indica una condizione di grande disagio, la scelta di ritirarsi dalla società e auto isolarsi per mesi o anni. Una sindrome nata in Giappone, che si sta diffondendo sempre di più nelle società occidentali: solo in Italia si contano circa 100 mila hikikomori. Molti medici e studiosi si sono dedicati negli ultimi anni ad approfondire cause e rimedi legati a tale condizione. Recentemente, un gruppo di ricercatori universitari ha sviluppato un nuovo metodo per identificare i sintomi dell’isolamento sociale volontario in una fase precoce, così da poter prevenire con efficacia l’insorgere dei primi sintomi.

Un questionario per prevenire la sindrome di hikikomori

A ottobre 2022, la rivista medica Psychiatry and Clinical Neurosciences ha pubblicato uno studio relativo allo sviluppo e iniziale validazione di un “questionario hikikomori”, un insieme di domande che puntano ad un’azione preventiva. Takahiro A. Kato ricercatore del College of Medical Sciences dell’Università giapponese di Kyushu che si è occupata della ricerca, è l’autore principale oltre che uno dei più importanti studiosi al mondo del fenomeno hikikomori.

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Il termine esprime due concetti: hiku, “tirare indietro” e komoru, “ritirarsi”. Si tratta di una patologia molto complessa “causata da una sovrapposizione di condizioni fisiche, sociali e psicologiche” spiega Kato in un’intervista su Neurosciencenews, una condizione che può avere diversi gradi di intensità e gravità. La persona che ne soffre sceglie di non studiare o lavorare e chiudersi in casa per periodi di tempo molto prolungati; le restrizioni degli ultimi due anni hanno esacerbato il problema dell’isolamento sociale e del fenomeno stesso. La ricerca però ora ci dice che è probabilmente possibile agire d’anticipo.

HQ-25: il questionario nel dettaglio

Il nuovo questionario a 25 domande (HQ-25) per prevenire l’hikikomori è stato progettato per valutare il ritiro sociale dopo almeno 6 mesi di sintomi. Realizzato in collaborazione con la Nihon University e la Oregon Health and Science University, lo strumento è composto da quesiti che valutano i tre sotto-fattori di socializzazione, isolamento e supporto emotivo su una scala da 0 a 4. Domande come: “mi sento a disagio in presenza di altre persone?” valutano la socializzazione, mentre altre come “ci sono poche persone con cui posso discutere questioni importanti?” riguardano il supporto emotivo.

La ricerca è stata condotta online su 762 individui giapponesi disoccupati di sesso maschile. L’hikikomori pare infatti essere più diffuso tra gli uomini. I risultati preliminari dello studio con hanno mostrato che l’isolamento è un possibile fattore in grado di distinguere tra individui non-hikikomori e pre-hikikomori, fornendo una possibile validazione del nuovo questionario come strumento per la diagnosi precoce e il trattamento. I ricercatori specificano che “ulteriori test e convalida dell’HQ-25M dovrebbero essere condotti includendo donne e casi più gravi in contesti clinici non solo in Giappone ma anche in altri Paesi”.

La sindrome di hikikomori in Italia

In Giappone, si pensa che la sindrome di hikikomori colpisca fino all’1,2% della popolazione, ovvero circa un milione di persone. In Italia sono più di 100.000 i giovani in autoisolamento, dato destinato a crescere. È quanto emerso dal sedicesimo Congresso scientifico nazionale della Federazione italiana medici pediatri (Fimp), tenutosi ad ottobre 2022. “Una sindrome tipica delle società capitalistiche economicamente sviluppate“, ha spiegato il dottor Marco Crepaldi, psicologo, presidente fondatore di Hikikomori Italia. E continua “i dati di cui disponiamo parlano di un 87% di maschi, ma è probabile che il numero di femmine coinvolte sia sottostimato. La durata del ritiro sociale si conferma tendenzialmente lunga, oltre i 3 anni. L’età media in cui si manifestano i primi evidenti segnali è intorno ai 15 anni”, in Giappone, invece, il periodo più critico è quello post diploma, a causa probabilmente dell’estrema competizione tipica del sistema universitario.

Il dottor Crepaldi sottolinea che anche in Italia tale sindrome pare essere causata dalla crescente competitività tipica delle società benestanti, dalla percezione di una continua pressione al raggiungimento del successo personale, da una feroce competizione e dall’iper-protezione dei genitori. “Oggi non dobbiamo preoccuparci della sopravvivenza, ma di realizzarci, essere accettati, essere brillanti – conclude Crepaldi – Vince chi molla, ma gli hikikomori non lo sanno“.

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Giulia Angelon

Giulia Angelon

Mi piace esplorare l’esistenza, osservandone i misteri e sperimentando la forza creatrice che genera l'atto di comunicare quando nasce dall’ascolto e dal dialogo. Per BuoneNotizie.it scrivo di benessere e innovazione in chiave culturale, imparando l’arte di esserci nelle cose con intensa leggerezza.

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