Come ogni strumento, anche il telefono cellulare può rivelarsi utile e produttivo o trasformarsi in una vera ossessione. Oggi circa 6,37 miliardi di utenti possiedono uno smartphone, ovvero l’80,7% della popolazione mondiale rispetto ai 3,67 miliardi del 2016.

Uno studio spagnolo pubblicato qualche mese fa nel periodico El Mundo mostra come questo numero sempre crescente corrisponda anche ad un aumento di persone che stanno sviluppando la cosiddetta nomofobia, ovvero una condizione psicologica di dipendenza da smartphone, causata dalla paura di non avere con sé un dispositivo mobile. Le conseguenze psicologiche di tale disagio sono svariate, ma anche le azioni che possono essere intraprese per cambiare rotta.

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Nomofobia: cause e conseguenze

Nomofobia è l’acronimo di “no mobile phone phobia“, ovvero la paura irrazionale di rimanere senza cellulare o senza connessione internet, uno stato di dipendenza da smartphone legato a sensazioni psicologicamente debilitanti, come ansia, depressione, isolamento e atteggiamenti compulsivi in grado di danneggiare sé stessi e chi ci circonda. Come dichiarato dalla dottoressa Samanta Travini, psicologa e psicoterapeuta, “il problema dell’abuso di smartphone e tablet interessa il 90-95% dei bambini, pre-adolescenti e adolescenti italiani”.

Tale problematica è stata confermata da diversi studi sull’uso massiccio di questi dispositivi, nonostante non sia stato ancora del tutto chiarito se sia la dipendenza a creare l’ansia o viceversa. Ciò che è stato dimostrato però è che l’uso cronico del telefono altera la chimica del nostro cervello, portando a rallentamenti delle funzioni cognitive, a disfunzione dei neurotrasmettitori cerebrali e alla perdita di materia grigia, cambiamenti simili a quelli che si manifestano a causa dell’uso di sostanze stupefacenti.

Lo studio spagnolo e il problema della dipendenza da smartphone

La nomofobia è stata soggetto di studio della Rete Spagnola delle Università Promotrici della salute (REUPS) e della Fondazione Mapfre, che hanno recentemente condotto un sondaggio su 16.574 studenti di 18 campus spagnoli, concludendo che quasi la metà degli studenti intervistati, il 49,3%, ha problemi di dipendenza da smartphone.

Questo utilizzo problematico – si legge nell’articolo di El Mundo – si concretizza, secondo la ricerca, nel fatto che il 63% utilizza il cellulare per sentirsi meglio, il 66% lo usa quando dovrebbe fare qualcos’altro, il 49% si lascia trasportare dalla chiamata e non presta attenzione ad altro e il 37% subisce un calo del rendimento scolastico a causa dell’uso eccessivo”.

Antoni Aguiló, professore di sanità pubblica presso l’Università delle Isole Baleari, è il presidente della Rete si è detto alquanto preoccupato per i dati emersi. Nell’articolo si legge infatti che, ad esempio, “un terzo degli intervistati, che hanno un’età media di 23 anni, ha problemi ad addormentarsi sempre o quasi tutti i giorni; che la media di utilizzo dello smartphone è di 4,4 ore al giorno, contro le 3,4 ore della popolazione generale e le 4,15 dei membri della generazione Z, tra i 18 e i 24 anni”. La nota positiva è che dalle statistiche legate allo studio, pare che sempre più studenti cerchino aiuto dai servizi di assistenza psicologica delle università.

Come affrontare la sindrome da astinenza da telefono

Come succede per ogni forma di dipendenza, anche per l’attaccamento morboso ai telefoni è importante lavorare sullo sviluppo della consapevolezza e della capacità di scelta, per recuperare un rapporto equilibrato con questa tecnologia.

Le terapie comportamentali proposte dagli specialisti sono molteplici e hanno l’obiettivo di aiutare ad affrontare le paure e le convinzioni sottostanti la fobia. Tra queste: le terapie cognitivo comportamentali che cercano le cause della dipendenza, la desensibilizzazione o terapia dell’esposizione graduale alla privazione dello smartphone, la partecipazione a gruppi di supporto per persone con problemi di ansia e depressione, le tecniche di rilassamento con esercizi di respirazione e meditazione, fino a giungere, nelle situazioni più gravi, all’intervento di specialisti. Anche aiutare gli studenti a migliorare la propria autostima, come dimostrato da uno studio del 2021, sembra fornire strumenti utili per una terapia efficace per affrontare la nomofobia.

Rompere qualsiasi tipo di dipendenza è impegnativo, ma focalizzarsi sui passi quotidiani è essenziale. L’onestà verso sé stessi e lo sviluppo della consapevolezza di come e quando si utilizza il telefono, uniti ad una presenza sempre maggiore sono passaggi importanti per comprendere a fondo il perché delle proprie scelte e intraprendere la strada del cambiamento.

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Giulia Angelon

Giulia Angelon

Mi piace esplorare l’esistenza, osservandone i misteri e sperimentando la forza creatrice che genera l'atto di comunicare quando nasce dall’ascolto e dal dialogo. Per BuoneNotizie.it scrivo di benessere e innovazione in chiave culturale, imparando l’arte di esserci nelle cose con intensa leggerezza.

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