Mai come quest’anno l’informazione costruttiva è stata fondamentale. Come avrebbe dovuto trattare determinati argomenti il giornalismo?

In quest’ultimo anno siamo stati particolarmente bombardati da ogni genere di notizie. Spesso contraddittorie, alcune volte smentite ma per la maggior parte irragionevolmente allarmistiche. Sono stati ben pochi i casi in cui l’informazione è stata costruttiva: ovvero orientata a fornire, oltre ai fatti, delle possibili soluzioni.

La differenza fondamentale tra giornalismo positivo e giornalismo costruttivo è proprio questa: il secondo (che collabora attivamente con il primo) propone effettive soluzioni, puntando a stimolare una mentalità costruttiva nel lettore. Vivere “passivamente” le notizie è uno dei fattori che ha determinato la perdita di fiducia nell’informazione. Secondo l’Edelman Trust Barometer il 75% degli italiani ritiene che i giornali non stiano facendo bene il loro lavoro. Il dato è doppiamente preoccupante se consideriamo che questa percentuale è del 14% superiore rispetto alla media delle 27 nazioni analizzate.

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Le cause del fenomeno della perdita di fiducia dei lettori nei confronti del giornalismo affondano le radici ben più in profondità: la pandemia ha solo reso “endemico” un malessere già diffuso. La crisi del giornalismo comincia con la trasmigrazione dei giornali verso la rete e con l’affermazione dei social network. Il giornalismo online si basa spesso ancora sulla pubblicità e sui click dei lettori. Ciò ha comportato un cambiamento di approccio in molte testate: la velocità, la mole di articoli su cui cliccare, l’attenzione ai trend topic hanno incrementato fake news e articoli clickbait che allontanando di molto il giornalismo dal potenziale ruolo di alfiere dell’informazione corretta e costruttiva.

Le criticità del giornalismo hanno conosciuto un’impennata grazie alla pandemia

La mole di informazioni, spesso irragionevolmente catastrofiche, che i giornalisti hanno riversato sui lettori ha avuto un effetto boomerang. L’informazione è diventata ridondante, contraddittoria e in alcuni casi fuorviante. Il sito Farmacovigilanza.eu riporta come ci sia una correlazione tra infodemia da Covid-19 e sfiducia dei lettori nei farmaci, in particolare l’ibuprofene o l’idrossiclorochina. Ma basta pensare alla ridondanza delle notizie sul vaccino AstraZeneca per capire come il “vizio” del giornalismo di puntare sulla quantità di notizie piuttosto che sulla qualità non sia ancora stato sradicato, in nome invece di un’informazione costruttiva.

Non c’è da meravigliarsi se, secondo i sondaggi Euromedia Research, solo il 27% degli italiani si farebbe inoculare tranquillamente il vaccino AstraZeneca. Un dato che trova spiegazione in un altro dato: secondo il 49,7% degli intervistati il vaccino prodotto dall’azienda biofarmaceutica anglo-svedese sta subendo una campagna mediatica che lo sta danneggiando più del dovuto. Il potere persuasivo della stampa, quindi, non solo influenzerebbe il nostro umore (rendendosi responsabile di patologie come ansia cronica e depressione) ma orienterebbe anche le nostre scelte in ambito medico, in un periodo storico in cui c’è un disperato bisogno di avere informazioni chiare.

Da informazione catastrofista a informazione costruttiva: come fare?

Nella rivista BMJ troviamo alcuni consigli sulla comunicazione tramite social media in un contesto di emergenza sanitaria: consigli che possono tornare utili anche in ottica di informazione costruttiva. Heidi Tworek, assistente professore presso l’Università della British Columbia in Canada, propone una serie di azioni da intraprendere. In primis, non sovraccaricare il lettore: prediligere brevi elenchi per puntare alla massima sintesi. Associare il testo a elementi visivi come video (meglio se “leggeri” o divertenti), infografiche o immagini.

Tenere infine presente che la comunicazione, in un contesto di crisi sanitaria, è importante quanto l’intervento medico: è anzi a tutti gli effetti un intervento medico.

Per guardare al futuro serve più informazione costruttiva

Insieme alla questione vaccini, un altro tema è stato affrontato in maniera troppo superficiale dal giornalismo italiano: quello dei giovani. Spesso descritti impietosamente come irresponsabili e svogliati e attenzionati dalla stampa solo in ottica “paternalistica”: all’ennesimo articolo sulla depressione giovanile ha fatto seguito, spesso, un servizio dal tono moraleggiante sugli assembramenti fuori dalle scuole.

Lo scopo dell’informazione costruttiva non è esacerbare il conflitto generazionale o scoperchiare la lettura faziosa da parte della stampa di alcune dinamiche sociali emerse durante la pandemia. Applicando il principio costruttivo alla narrazione sui giovani, emergono infatti diverse soluzioni che vedono i ragazzi partecipi del piano di ripartenza. Non si è parlato abbastanza, ad esempio, del manifesto Next Generation You: un progetto con trenta proposte concrete, a basso costo e pensate dai giovani per il futuro post-Covid. Dalla scuola, alla sostenibilità ambientale, all’urbanistica e alla cultura, le proposte sono pensate per essere inserite all’interno del piano del governo per la ripartenza.

Insomma, i giovani ci sono e vogliono esserci: la stampa farà meglio a tenerli più in considerazione. La generazione dei cosiddetti “nativi digitali” si sta avvicinando sempre più al punto in cui diventerà il principale pubblico di riferimento dell’informazione. Il giornalismo dovrà mostrarsi preparato e all’altezza dell’informazione costruttiva che i giovani, e non solo, pretendono.

Questo articolo è stato scritto per la Giornata Nazionale dell’Informazione Costruttiva 2021.

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Giulia Zennaro

Giulia Zennaro

sono una giornalista freelance di cultura e società, scrivo come ghostwriter, insegno in una scuola parentale e tengo laboratori di giornalismo per bambini. Scrivo per Hall of Series e theWise Magazine e, naturalmente, BuoneNotizie.it: sono diventata pubblicista grazie al loro laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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