Per regolare i flussi di turismo, il Comune di Venezia ha installato delle telecamere. Come reagiscono i cittadini? L’intervista di Buonenotizie.it.

Venezia è da sempre al centro di polemiche per il turismo: a volte ce n’è troppo, altre troppo poco. Venezia città vetrina, porto per navi da crociera. Sembra che non si riesca a trovare un equilibrio. 

Il Comune di Venezia, ha così pensato di riproporre un’opzione varata prima del Covid: estendere la rete di videocamere già posizionate, per monitorare il quantitativo di turisti giornalieri. Questo progetto si concluderà con l’installazione di tornelli per contingentare gli ingressi e, forse, rendere la città a numero chiuso. 

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I turisti che soffocano la città

I veneziani si lamentano spesso del numero esorbitante di turisti che non consente loro di muoversi liberamente. Strada Nuova, Rialto, San Marco sono spesso un agglomerato di teste, mentre altre aree sono completamente vuote.

Con questa consapevolezza, il Comune sta cercando di trovare una soluzione per tutelare gli abitanti, che si trovano soffocati da un turismo di massa di cui, però, sembrano anche non poter fare a meno. Per cercare di monitorare la situazione, da luglio 2021 sono state installate 160 telecamere, che si sommano alle 160 esistenti. Il progetto è realizzato da Venis spa, con un co-finanziamento da parte del Ministero degli Interni, di 1095000 euro. 

Luca Vianello, commerciante veneziano, sostiene la teoria della videosorveglianza; mentre Marina Marinello, artigiana, è titubante sulla vita da Grande Fratello che si potrebbe creare. Due opinioni che, nella intervista per i microfoni di buonenotizie.it, convergono in una linea comune: rendere la città meno affollata, grazie al ripopolamento.

I dati per un turismo di qualità

“La videosorveglianza urbana è fondamentale per Venezia – sostiene Luca Grazie a questo sistema di sensori, collegati alla fibra ottica sarà possibile, per il Comune, intervenire sulle zone più congestionate, mandando rapidamente vigili e volontari a tutelare il decoro della città. Inoltre il sistema potrà aiutare ad avere una statistica delle persone che arrivano in città, per poter realizzare, in futuro, un sistema di ingressi limitati.

Può sembrare assurdo, ma per un veneziano, arrivare in ritardo a un appuntamento perché le calli sono intasate di persone o perché non è riuscito a salire in battello, è ingiusto. Le telecamere garantiscono, inoltre, una maggior sicurezza per tutti; non credo che questo ci renderà personaggi da Grande Fratello. Potrà piuttosto aiutare anche noi commercianti, situati nelle zone più secondarie, ad avere più visite.

La città si è sempre basata sul turismo, ma c’è turismo e turismo. Negli ultimi dieci anni, nessuno ha mai visto Venezia come una città in cui creare il turismo dell’abitare, ma quello mordi e fuggi. E’ su questo piano che si deve intervenire concretamente: istituendo delle linee che possano garantire a tutti un turismo di qualità, limando negozi di cianfrusaglie e agevolando giovani e famiglie ad abitare e ripopolare Venezia: le città ricche di vita attirano turisti di qualità”.

Venezia e il Grande Fratello

“Quando Thomas Mann scrisse Morte a Venezia non si sarebbe mai immaginato che sarebbe stata la città stessa a morire – spiega Marina – Io vivo qui da sempre, amo la città, ma è un fatto: abbiamo rischiato addirittura di uscire dalla protezione dell’UNESCO a causa del troppo turismo.

Il sistema di videosorveglianza che il Comune ha installato mi sembra eccessivo: ormai tutti i dati dei cellulari vengono rilevati e noi veneziani, dobbiamo subire un monitoraggio non richiesto, degno del Grande Fratello. Non credo che saranno le videocamere o le statistiche a salvare Venezia, ma una proposta di ripopolamento della città: questo consentirebbe ai più giovani di abitarla, avere botteghe tradizionali e non negozi di magneti o pizza take away. 

I miei figli hanno avuto la fortuna di vivere in una delle città più belle del mondo, ma si sono trasferiti in Terraferma per poter avere più servizi e meno turismo; così facendo, in tanti andranno via; se si riuscisse davvero a creare un sistema di tutela nei confronti dei residenti e impoverire la città di servizi per i turisti, Venezia tornerebbe ad essere La Serenissima.”

Quali sono le soluzioni per rendere Venezia una città dal turismo di qualità

Luca e Marina sono concordi nell’affermare che la città vivrebbe meglio con un turismo di qualità capace di agevolare i giovani e le famiglie a trasferirsi a Venezia.

“Per me la città può vivere con un turismo di lunga permanenza – spiega Luca – è una città completa: spiagge, isole storiche, buon cibo e particolarità sconosciute, come Pellestrina o l’isola della Giudecca. Per poter far vivere Venezia bisognerebbe accettare solo prenotazioni di almeno tre giorni, che scoraggino i mordaci turisti di giornata. Si dovrebbero proporre app per cellulare che proponga giri turistici in zone secondarie: per incrementare la conoscenza di tutta quella che è la Laguna. Percorsi a tema, esperienze che scoraggino dal fare interminabili ore di coda per salire sul campanile di San Marco ma facciano comprendere che la meno conosciuta chiesa di San Pantalon, che ospita la tela dipinta più grande del Mondo, è meravigliosa”.

“Concordo con Luca – aggiunge Marina – e credo anche che, per un turismo di qualità, servano norme più severe per disincentivare gli ingressi agli addio al nubilato e celibato, che rovinano il decoro di Venezia. I tornelli potrebbero davvero servire per rendere San Marco e Rialto aree a numero chiusoil rischio è quello di creare comunque delle vie di congestione che non migliorino la soluzione e aumentare i prezzi ricadrebbe negativamente anche sui veneziani. L’unica soluzione è quindi quella di rendere Venezia abitabile: trasformare il turista in un Veneziano, che non veda più Rialto come il ponte su cui fare una foto, ma il mercato di prodotti tipici più suggestivo del Mondo.”

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Erika Mattio

Erika Mattio

Erika Mattio, giornalista, autrice, archeologa, antropologa, viaggiatrice, dottoranda in Antropologia fra Madrid e Venezia. Ho studiato a Istanbul e Mashhad per poi intraprendere spedizioni in Medio Oriente e in Africa. Scrivo per BuoneNotizie.it e sono diventata pubblicista grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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