I vaccini e l’utilizzo del pass vaccinale sono argomenti divisivi anche all’estero: ecco come è articolato il movimento no-vax in due Paesi molto diversi, Canada e Spagna.

Il movimento no-vax non è una prerogativa del nostro Paese: anche all’estero, fin da quando i vaccini sono stati resi disponibili, si tratta di un argomento divisivo. Da alcuni giorni i riflettori mediatici sono puntati sul Canada, Paese in cui è in atto da settimane un boicottaggio commerciale per protestare contro l’obbligo vaccinale.

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Dall’altro capo dell’Atlantico, invece, la Spagna silenziosamente ha vaccinato l’80% della popolazione e vanta percentuali altissime di consenso sui vaccini. A cosa sono dovute prese di posizione e sensibilità così diverse?

La situazione canadese: i “convogli della libertà”

Nemmeno il Superbowl, l’evento sportivo e mediatico più rilevante dell’anno, è riuscito a spezzare il convoglio di tir che da settimane paralizza il confine tra USA e Canada. Lo scorso 23 gennaio è partito alla volta di Ottawa un corteo di camionisti per protestare contro l’obbligo vaccinale per i lavoratori che entrano in Canada. A guidarli James Bauder, noto per le sue posizioni negazioniste sulla pandemia e legato ad ambienti cospirazionisti come QAnon.

Fino a quel momento le proteste nel Paese erano state marginali. Qualche picchetto o qualche sporadica manifestazione come quella sotto la sede della Canadian Broadcasting Corporation, in cui si era diffusa la notizia che ci fossero campi di concentramento nel Paese. Bauder, assunto il comando del movimento no-vax canadese, ne aveva rapidamente cambiato i connotati. “Smettete di parlare del vaccino e concentratevi sul messaggio di libertà”, aveva intimato ai suoi.

Il movimento no-vax canadese, cominciato come una protesta dei lavoratori della logistica, come se ne sono viste anche in Italia, è cambiato nel giro di poche settimane. Gli organizzatori e i partecipanti si sono organizzati per sopravvivere il più possibile “accampati” nel gelido inverno canadese. Oltre a indire manifestazioni, anche open mic, in cui si sostiene che nel vaccino ci siano microchip, organizzano anche feste e raccolte fondi online. Proprio grazie al crowfunding hanno guadagnato ben 6 milioni di dollari canadesi, il che fa presumere che l’occupazione potrebbe durare ancora molto.

La vicinanza di un Paese come gli USA, nel cui sono nate le principali teorie cospirazioniste relative al Covid e non solo, può spiegare questa adesione da parte di un Paese tendenzialmente non incline alla protesta civile come il Canada. Un’altra spiegazione è che il movimento no-vax può contare su un’economia parallela particolarmente florida. Consulenze, seminari, vendita di preparati omeopatici e raccolte fondi rendono il movimento no-vax economicamente indipendente. La crisi della sanità dà peraltro il colpo finale alla fiducia dei cittadini verso le istituzioni.

La situazione spagnola: “Da noi non c’è paura”

“La sanità spagnola funziona bene, specie a livello telematico. Quando mi sono positivizzata, lo scorso Natale, ho avviato tutte le pratiche da remoto, incluso il tracciamento, chiamando il medico di base. I miei contatti stretti sono stati a loro volta contattati entro pochi minuti”. Marta Pilotto, fotografa professionista, vive a Barcellona da anni e conosce la sanità spagnola e, soprattutto, la sensibilità della gente in merito a vaccini e pass vaccinali.

“Da noi il passaporto Covid non è stato sempre obbligatorio come in Italia. A dire la verità non l’ho scaricato subito, anche se avevo appena fatto il vaccino. A non farmi sentire il bisogno di avere la carta verde, oltre alla non obbligatorietà, è stata la differente pressione mediatica. In Spagna non c’è mai stata, da parte del governo e dei media, la pressione che c’è stata in Italia perché tutti avessero il pass vaccinale. Quando è diventato obbligatorio esibirlo, solo per la ristorazione, l’ho scaricato dall’app ufficiale, che è andata in crash per un giorno. Quello è stato l’unico momento in cui la sanità non ha funzionato, ma era prevedibile”. 

Nella gestione della pandemia la Spagna ha sempre guardato all’Italia: ma per quanto riguarda il movimento no-vax, le cose sono andate diversamente.

“Ovviamente i no-vax ci sono anche in Spagna, ma le manifestazioni davvero rilevanti si contano sulle dita di una mano. Più che contro il vaccino, la maggior parte di quelli che scendono in piazza protesta contro il passaporto Covid. Ora che l’obbligo è stato nuovamente tolto la situazione è tranquilla. Forse c’entrano anche la comunicazione e i media: in Italia si parla di Covid dalla mattina alla sera, in Spagna no. In Italia l’interferenza delle forze dell’ordine è stata pesante in alcuni casi, durante il lockdown, da noi i controlli erano meno pressanti. Forse anche questo ha fatto sì che il movimento no-vax restasse un fenomeno contenuto”. 

Perché il movimento no-vax non fa breccia in Spagna?

L’analisi della situazione di Marta rispecchia la “fotografia” del Paese iberico in merito alle vaccinazioni. I dati che abbiamo messo in evidenza già nei mesi autunnali  oggi parlano dell’83% della popolazione che ha completato il protocollo vaccinale.   A gennaio 2021 il 79% degli spagnoli si dichiaravano fiduciosi nei confronti dei vaccini: gli americani si fermavano al 62%, i francesi al 56% e i giapponesi, notoriamente diffidenti, non arrivavano oltre il 47%.

Il paese iberico, come l’Italia, ha sofferto grandemente la prima ondata della pandemia e la vaccinazione non è partita subito bene. Tra ritardi nelle consegne e problemi logistici, la campagna vaccinale è partita zoppicando. Forse proprio questi intoppi hanno fatto meglio osservare ai cittadini l’incidenza positiva delle vaccinazioni sul numero dei contagi. Ma cosa differenzia davvero la Spagna dall’Italia, Paese “faro” per i nostri cugini iberici?

Josep Lobera, professore di sociologia all’Università Autonoma di Madrid, è convinto che le ragioni siano da ricercare nella memoria storica del franchismo. Non abbiamo avuto una democrazia fino al 1978. Le istituzioni sanitarie sono un sintomo della transizione democratica del Paese. Ciò spiega la fiducia degli spagnoli nella sanità, specie quella territoriale”.

Inoltre, è ancora vivo il ricordo dei morti e delle gravi disabilità causate, negli anni ’50, dal ritardo della Spagna nella campagna vaccinale contro la polio. Mentre l’Europa vaccinava a tappeto, il Paese iberico perdeva anni preziosi. La consapevolezza collettiva, ieri come oggi, passa tragicamente attraverso la sofferenza: una lezione che la Spagna ha imparato a caro prezzo.

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Giulia Zennaro

Giulia Zennaro

sono una giornalista freelance di cultura e società, scrivo come ghostwriter, insegno in una scuola parentale e tengo laboratori di giornalismo per bambini. Scrivo per Hall of Series e theWise Magazine e, naturalmente, BuoneNotizie.it: sono diventata pubblicista grazie al loro laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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