In Italia negli ultimi anni le istituzioni e il dibattito pubblico si stanno sensibilizzando sulla salute mentale dei cittadini. Un ruolo importante sul tema del benessere psicologico è svolto dalla condizione degli stati d’animo rilevati sui lavoratori all’interno del proprio ambiente occupazionale o durante lo svolgimento delle mansioni professionali.

Le statistiche parlano di alti livelli di stress, che toccano soprattutto le fasce più giovani degli occupati. Uno dei rimedi arriva da Tik Tok, il social cinese frequentatissimo dalle nuove generazioni che hanno fatto diventare virale l’hashtag #corporatevillainera nell’arco degli ultimi mesi. Lo slogan letteralmente significa “l’era dei nemici delle aziende”, ed è incorporato nei video che offrono consigli su come sconfiggere il burnout da lavoro e affrontare lo stress imposto dai capi che non si sono accorti dei cambiamenti della società post-pandemica.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici

Italiani vittime del burnout da lavoro

BVA Doxa, una azienda italiana tra le più accreditate per le ricerche di mercato, rileva che il 61% degli intervistati sperimenta malessere psicologico nella propria vita personale e vive la stessa condizione anche al lavoro. Lo studio parla anche di un italiano su due che soffre di insonnia per motivi legati ad angosce dovute alla sfera occupazionale.

Sulla stessa linea si ritrova anche Health report di Stada, azienda farmaceutica tedesca, la quale osserva che il livello di stress degli italiani nel 2021 è passato dal 49% al 59%. Un altro dato importante è quello legato alla variabile dell’età: le persone oltre i 40 anni sembrano infatti soffrire meno di stati di ansia e di burnout da lavoro. Sono quindi i giovani la categoria più colpita dallo stress professionale, complice anche la congiuntura economica sfavorevole creatasi dopo la pandemia e lo stravolgimento di alcuni equilibri sociali come il rapporto con il datore di lavoro, il bisogno di coinvolgimento e di significato nelle mansioni e la necessità di riappropriarsi del tempo libero.

Tik tok dà voce al malessere dei giovani lavoratori

I dati sulla condizione di malessere dei giovani dipendenti rappresentano un fenomeno sociale che è sfociato in diverse tendenze, tra cui il quiet quitting, le grandi dimissioni e l’esodo dei talenti che le aziende non riescono a trattenere. Nonostante i lavoratori esprimano il loro disagio, i dati sulle rilevazioni di burnout non accennano a diminuire e una proposta di soluzione arriva da Tik tok, il social da più di 700 milioni di follower che risulta essere particolarmente sensibile alla tematica, forte del fatto che rispetto alle altre piattaforme vanta l’età anagrafica più bassa degli utenti: il 53% dei creator ha un’età compresa fra 18 e 25 anni.

Su Tik tok da diversi anni sono attivi alcuni influencer che parlano della vita lavorativa e del rapporto fra giovani e lavoro, ma sono frequenti anche i video sul tema di giovani creator alle prese con i nuovi assetti lavorativi di smartworking, consigli sulla carriera e soprattutto è ricorrente il tema dell’equilibrio fra vita privata e tempo da dedicare all’ufficio. Su questo social è nato l’hashtag #corporatevillainera, che sta ad indicare l’era storica in cui nascono i nemici delle aziende: gli stessi lavoratori stufi di alcune dinamiche nocive denunciano e si ribellano contro i diktat dei datori di lavoro.

La corporate villain era

L’hashtag, che a prima vista sembra una pericolosissima dichiarazione di guerra da parte dei giovani lavoratori verso le regole imposte dalla vita aziendale, racchiude in realtà un significato molto più diplomatico e ragionevole, che si può comprendere osservando alcuni dei contenuti che hanno aderito al trend. I video degli utenti rappresentano quasi sempre dei ragazzi e ragazze giovani che chiudono il proprio pc aziendale a ritmo di musica con in sovraimpressione la frase “Benvenuti nella corporate villain era”, seguita da alcuni consigli per combattere il disagio psicologico sul lavoro.

Tema ricorrente è quella della salute mentale, che nei video si invita a rispettare, dando al proprio benessere psicologico la priorità rispetto a richieste del proprio capo di attività onerose in orari inopportuni. Il rifiuto espresso dai creator non è verso i doveri e obblighi del lavoro ma verso la malagestione manageriale che costringe i dipendenti a lavorare oltre il tempo stabilito da contratto, spesso gratuitamente e come se fosse un obbligo morale riconosciuto dalla prassi non attenersi alle canoniche 40 ore settimanali, ma doversi spingere fino alle 50 o 60 ore lavorate in 7 giorni.

Scorrendo i video dei creator che dichiarano di essere appena entrati nella corporate villain era si può cogliere al meglio la denuncia delle situazioni di sfruttamento direttamente dalle loro parole. Un utente scrive: “Non lavorerò più 60 ore al giorno. Sceglierò sempre la mia famiglia e il miei amici. Mi avrete al 100% quando sono al lavoro e allo 0% quando non ci sarò”. Una ragazza passeggia per la strada in quello che sembra essere il suo intervallo di metà giornata e compare la seguente scritta in sovrimpressione: “Rispetterò la mia pausa pranzo ogni giorno”. Un giovane lavoratore chiude il suo computer mentre sorride e scrive:“Non lavorerò più 5 o 6 ore il sabato e la domenica e salvo emergenze non lavorerò durante i giorni di ferie”.

Questi messaggi sono dei richiami ragionevoli al rispetto del lavoratore, che oggi risulta essere più consapevole dei propri diritti, dei propri valori e del fatto, come molti creators sostengono, che “il lavoro sia soltanto un lavoro”, elemento centrale della vita umana ma non autorizzato a fagocitare l’intera esistenza della persona.

Condividi su:
Chiara Bastianelli

Chiara Bastianelli

Laurea in Economia e Direzione Aziendale.Project manager in una società di consulenza strategica per le imprese.Appassionata di aziende, finanza e letteratura.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici