Formare i lavoratori con le giuste competenze aumenta la competitività delle imprese e favorisce l’innovazione: ne è convinta l’Unione europea che ha proclamato il 2023 “European Year of Skills”, l’Anno europeo delle Competenze. L’Unione, dunque, punta decisamente sulla formazione professionale dei propri lavoratori e lo fa perché lo richiede sia la propria missione di inclusione sociale che lo sviluppo attuale del mercato.

Ma in cosa consiste questa iniziativa e qual è lo stato della formazione continua in Europa e Italia?

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La formazione in Europa: perché serve più competenza

L’European Year of Skills, Anno europeo delle Competenze arriva in un momento cruciale per il mondo del lavoro: alle prese con una transizione verde e digitale sempre più intensa, l’UE cerca competenze professionali che non trova (lo dicono il 77% delle aziende, dati Eurostat) nei settori più diversificati dall’edilizia alla sanità, ai più tecnici quali ingegneria ed informatica. Questo perché, secondo Eurostat, solo il 37% degli adulti segue corsi di formazione e solo 4 cittadini europei su 10 hanno le competenze digitali di base. Pochi anche gli specialisti: solo un lavoratore su cinque è un esperto Ict e solo un laureato su tre nelle materie Stem è donna, anche se la situazione sembra migliorare.

L’Europa, però, ha obiettivi sociali ambiziosi per il 2030: coinvolgere almeno il 60% degli adulti in attività di formazione per raggiungere un tasso di occupazione di almeno il 78%, sviluppare le competenze digitali per l’80% degli occupabili, impiegare 20 milioni di specialisti delle materia TIC (tecnologie dell’informazione e comunicazione), coinvolgere di più donne e giovani.

Quali idee e soluzioni porterà con sé l’Anno europeo delle Competenze, allora?

L’Anno europeo delle Competenze: gli obiettivi

Lanciato ufficialmente il 9 maggio scorso, l’Anno europeo delle Competenze rappresenta dunque una campagna di sensibilizzazione all’apprendimento continuo degli adulti europei. Per affrontare le sfide di un lavoro sempre più innovativo e digitale mira a dotare i lavoratori degli strumenti conoscitivi minimi ed avanzati, puntando perciò allo sviluppo di competenze nuove, conoscenze 4.0 e “verdi”. L’UE punta molto sul coinvolgimento femminile e giovanile, sul recupero degli inattivi, sul riconoscimento delle qualifiche fra i lavoratori di diversi Stati e all’apertura a quelli di Altri Paesi. In che modo, però agire?

Intanto, ha già disegnato una mappa dei percorsi formativi a disposizione dei cittadini europei in tutti gli Stati e ha invitato tutti a presentare il proprio progetto formativo innovativo da promuovere. Non solo: cerca “soluzioni di successo”, storie di quanti hanno già beneficiato di programmi di aggiornamento professionale, persone che parlino direttamente a chi si approccia al mondo del lavoro ancora cautamente o senza una direzione precisa. Infine, cerca l’accordo con le parti sindacali in quella logica di dialogo sociale tripartitico che, abbiamo visto essere ritenuto essenziale.

Immancabili anche i momenti istituzionali di confronto con Istituzioni ed esperti: l’8 e 9 giugno la conferenza “Making Skills Count” sugli strumenti per il miglioramento professionale, dal 23 al 27 ottobre la Settimana europea della formazione professionale che ribadirà la centralità della formazione continua per le persone di tutte le età. Un network di interscambio culturale che dovrebbe crescere spontaneamente, grazie all’apporto di tutti.

Formazione professionale, gli strumenti dell’Europa già a disposizione

Oltre all’Anno europeo delle Competenze l’UE ha già a disposizione altri strumenti: le pianificazioni quinquennali dell’Agenda per le competenze per l’Europa 2020, la nuova Agenda europea per l’innovazione (del luglio 2022 incentrata sullo sviluppo di ecosistemi innovativi), la Strategia europea per le università (che rafforza la rete degli enti di ricerca). Per finanziare il sistema, l’UE ha lanciato il Fondo sociale europeo Plus (mira a creare più alti livelli di occupazione) e il programma Digital Europe (sulla diffusione della tecnologia digitale) oltre a Horizon Europe (che promuove la ricerca scientifica, fino al 2027) ed Erasmus+ (per l’interscambio culturale universitario).

In Italia il Ministro del Lavoro, Marina Calderone ha detto che il Decreto Lavoro ha già avviato un percorso inclusivo per facilitare l’incontro fra domanda e offerta di lavoro, auspicando il coinvolgimento di tutti gli attori del mercato del lavoro, pubblici e privati.
Ed è proprio qui che si gioca la partita: in quel dialogo essenziale fra lavoratori, rappresentanze sindacali e aziende sulla portata dei cambiamenti del lavoro, per spingerli a facilitare lo sviluppo della formazione non solo continua ma necessaria dei lavoratori. Solo così sarà possibile affrontare con le competenze giuste quelle sfide al modo di lavorare della transizione digitale e ambientale che tanto stanno a cuore all’Europa.

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Antonio Mazzuca

Antonio Mazzuca

Dal 2007 sono redattore editoriale tecnico-giuridico esperto e formatore in materia di salute e sicurezza sul lavoro e tutela ambientale. Sono il coordinatore editoriale della Testata tecnica InSic.it e dal 2015 editore della testata culturale registrata Gufetto.press dedicata al mondo della cultura off per le quali scrivo news, articoli, recensioni, interviste e approfondimenti e svolgo formazione ai redattori sia per la parte critica che redazionale e per la scrittura in ottica SEO.

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