Grazie all’economia circolare, cresce in Italia la quantità di materiali di scarto reimmessi nel ciclo produttivo.

Ripensare il concetto di rifiuto e di scarto di produzione potrà consentire di raggiungere gli obiettivi di sostenibilità sanciti dagli accordi internazionali e dall’Agenda ONU 2030. L’economia circolare afferma un modello produttivo che valorizza e riutilizza scarti di produzione e recupera come materia prima i rifiuti o i prodotti a fine vita. Scarti di produzione che sempre più danno vita a progetti artistici e artigianali e animano interventi educativi rivolti ai cittadini.

L’economia circolare: un nuovo modello di produzione

Come raggiungere gli obiettivi di sostenibilità definiti negli accordi internazionali è il tema politico del presente e dell’immediato futuro. Il mondo produttivo sta gradualmente abbandonando il paradigma della produzione lineare che dalla materia prima, attraverso le lavorazioni, porta a un prodotto generando uno scarto. Si fa strada invece il paradigma dell’economia circolare, per il quale il prodotto diventa risorsa per la produzione di domani. Si riduce in questo modo il costo delle materie necessarie a mettere in commercio un prodotto e il conseguente impatto sull’ambiente.

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I 5 pilastri dell’economia circolare

Il Ministero dell’Ambiente (MATTM) e il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) pubblicano nel 2017 un documento dal titolo Verso un modello di economia circolare per l’Italia. Si evidenziano cinque elementi cardine. La riduzione dell’uso di risorse naturali come materiale base delle lavorazioni industriali attraverso la valorizzazione dei materiali di recupero. La sollecitazione a far acquistare un servizio e non un prodotto: non si possiede perciò una merce, ma l’accesso al suo utilizzo. La condivisione e il noleggio, per limitare il numero delle merci necessarie a soddisfare la clientela. Infine l’allungamento della vita del prodotto, facilitando le riparazioni, programmando le manutenzioni e progettando una produzione modulare che consenta di riparare o sostituire solo le parti danneggiate o usurate di un oggetto.

La situazione italiana: un primato europeo

Nonostante il primato europeo di Francia e Paesi Bassi, secondo una recente pubblicazione di Openpolis il modello di produzione circolare sta prendendo piede nel nostro Paese. Nel 2019 si è arrivati al 19,5% dei rifiuti recuperati (il 10,5% nel 2010) con un incremento del 69,6%. Crescita che pur registrandosi in tutti i Paesi UE (+ 10,3%), rimane ben al di sotto dei livelli italiani. L’Italia è quindi uno dei Paesi in cui l’affermazione di modelli produttivi sostenibili e digitali è stato più rapido e significativo, con benefici effetti sui fatturati. Pur aumentando in Italia il tasso di uso circolare per tutte queste tipologie di materiali, i risultati non sono omogenei. Per quanto riguarda i combustibili fossili, per esempio, coi loro sottoprodotti altamente inquinanti, il tasso di uso circolare è ancora basso. Il che spiega la crescente attenzione rivolta alle multinazionali dell’energia e ai loro piani industriali di conversione energetica.

Alcuni esempi di utilizzo sociale

Nel processo di valorizzazione degli scarti di produzione, non interviene soltanto il modello dell’economia circolare. Esperienze di riutilizzo dei materiali d’avanzo come strumento educativo sono sempre più diffuse. Il progetto Re Mida a Borgo San Lorenzo (FI) è un emporio che recupera cascami, errori di produzione, scarti e giacenze di magazzino. Vengono selezionati e prelevati dalle attività artigianali, agricole e industriali della provincia di Firenze. Analogo il caso di Sc-Arti del Riuso, attivo a Cinisello Balsamo (MI). Un progetto culturale di sostenibilità, creatività e ricerca sul materiale industriale di scarto: un approccio educativo all’economia circolare. Il progetto Life MP3 istituisce infine nella provincia di Varese una piattaforma per far incontrare domanda e offerta dei materiali di scarto.

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Davide Scorza

Davide Scorza

Davide Scorza, educatore in servizi dedicati ai giovani e allo sviluppo di comunità. Curioso delle potenzialità di applicazione dei media in ambito sociale. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista.

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