Il cambiamento climatico sta impattando profondamente i siti archeologici su scala globale. Come è vero che alcune scoperte sono state possibili proprio per i suoi meccanismi, la gran parte dei siti archeologici ne risulta messa a rischio, ma sono ancora possibili strategie per tutelarli.

Necessarie nuove strategie sul cambiamento climatico

Jørgen Hollesen ricercatore senior in Archeologia ambientale e scienze della materia del National Museum of Denmark, in un articolo pubblicato su Antiquity e online dalla Cambridge University Press ha mostrato che il cambiamento climatico sta accelerando, amplificando i rischi esistenti e creandone di nuovi, le cui conseguenze potrebbero essere devastanti per i dati archeologici globali.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici

Nell’articolo scientifico dal titolo ”Cambiamento climatico e perdita dei siti archeologici e dei paesaggi: una prospettiva globale”,  Hollesen afferma che non esistono soluzioni semplici e il tempo è limitato. È urgente sviluppare nuovi metodi e strategie in grado di affrontare il problema posto dal cambiamento globale del clima di origine antropica.

Fondamentale prevedere dove e come colpisce il cambiamento climatico

Il ricercatore danese descrive come ricerca preliminare da compiere il determinare dove si verificheranno gli impatti ambientali più significativi derivanti dal cambiamento climatico e quali tipi di siti saranno i più colpiti tramite un approccio interdisciplinare che connette la ricerca archeologica con lo studio dei cambiamenti del clima e gli effetti che questo può avere sulla materia archeologica.

Lo studio del cambiamento climatico impone di riconoscerne gli eventi di breve durata, come uragani, precipitazioni estreme e ondate di calore, e anche le tendenze a lungo termine, come lo scioglimento dei ghiacciai, l’innalzamento del livello del mare e la desertificazione.

Mentre in passato il livello del mare è stato naturalmente molto variabile, il cambiamento climatico antropogenico ne sta causando un innalzamento accelerato e con tempeste più frequenti e intense: il conseguente aumento dell’erosione delle coste in tutto il mondo colpisce sia le popolazioni sia i siti archeologici.

Nell’Artico e nelle zone montane lo scongelamento del permafrost sta esponendo strati archeologici in precedenza tutelati dal gelo a una serie di minacce, tra cui erosione e accelerata biodegradazione dei reperti. Lo scioglimento dei ghiacci perenni ha portato ad alcune importanti scoperte, come le famose mummie ibernate Ötzi e Kwädąy Dän Ts’ìnchi, ma lo stesso fenomeno potrebbe farne perdere altre di altrettanto valore per l’esposizione che i reperti avrebbero ad un clima alterato e senza tempestive azioni a loro tutela. La riduzione delle piogge e l’aumento della loro intensità, inoltre, sottopone quanto contenuto nei terreni a degradazione ossidativa e corrosione.

Come mappare le vulnerabilità dei siti archeologici

Per ovviare a questi inconvenienti l’autore dell’articolo ripropone l’idea del quadro delle vulnerabilità dei siti archeologici. La mappatura dei siti a rischio che permetta di prevedere l’impatto dei cambiamenti climatici in maniera affidabile tramite una comprensione dettagliata dei processi di cambiamento in superficie, sottoterra, negli ambienti costieri e nelle profondità del mare.

Un approccio simile permetterebbe ai ricercatori e alle comunità di comprendere quali siti potrebbero essere salvati utilizzando quella che definisce come “modellizzazione della significatività” dei siti e che identifica come uno strumento prezioso per stabilire la priorità tra un gran numero di risorse archeologiche.

Oltre a decidere quali sono i siti di maggior valore, è importante decidere come gestirli. Hollesen identifica tre opzioni principali: la conservazione passiva, cioè lasciare i siti finché la degradazione è minima; quella attiva, cioè influenzare le condizioni ambientali per proteggere i depositi archeologici da erosione e degrado microbico; e, infine, se le opzioni precedenti non sono applicabili, l’indagine archeologica che permette di documentare e acquisire i dati fondamentali prima che il sito vada perso.

Ricercatori, comunità locali e politica uniti per tutelare siti e popolazioni

L’autore evidenzia anche la necessità di un’azione più trasversale sul cambiamento climatico che accosti allo sforzo di ricercatori anche le comunità locali e i suoi rappresentanti politici, per garantire le azioni locali necessarie per la tutela delle comunità e dei siti a rischio.

In particolare la necessità di porre l’accento sull’urgenza in risposta ai cambiamenti climatici anche in relazione al patrimonio culturale ha il potenziale per svolgere un ruolo centrale nella sensibilizzazione della classe politica che su scala globale risulta essere poco coraggiosa. I luoghi iconici più a rischio, come ad esempio il patrimonio archeologico egizio, in quest’ottica potrebbero essere utilizzati come strumento per sensibilizzare e per permettere che le scelte politiche vadano in direzione delle risposte necessarie all’adattamento imposto dal cambiamento climatico.

Leggi anche:

Che fare se il cambiamento climatico amplifica lo scontro tra uomo e fauna selvatica

Africa: il cambiamento è merito delle donne

Ecco come l’agricoltura salverà il clima del nostro paese riducendo i gas serra

Condividi su:
Pasquale De Salve

Pasquale De Salve

Sono laureato in Filosofia e scrivo per passione. Qui scrivo di ambiente, politica, diritti e qualche volta anche di altro. Cerco di intendere il mondo per quello che è, ma di utilizzare quelle poche parole che ho a disposizione perché possa migliorare. Il suo cambiamento, però, dipende dallo sforzo di ognuno di noi!

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici