A distanza di 55 anni dall’alluvione di Firenze ecco la situazione attuale sull’allarme idrogeologico in Italia.

Il 4 novembre del 1966 è una data indelebile nella memoria di Firenze. Nelle prime ore di quel triste giorno, infatti, un’alluvione violenta durata circa tre giorni fece straripare il fiume Arno e i suoi affluenti, provocando danni di grande portata. Si registrarono frane, smottamenti e acqua alta diversi metri nei centri collinari e in tutto il perimetro del capoluogo toscano. L’ondata di maltempo di quel tragico giorno interessò in modo trasversale anche molti fiumi del Veneto e del Trentino. Dato, questo, che rimarca la vulnerabilità del territorio italiano e la difformità di precipitazioni che da 50 anni assistono all’intensificarsi della loro potenza. Vulnerabilità emersa anche durante i recenti disastri alluvionali avvenuti nel Sud.

«Le cause vanno ricercate nel cambiamento climatico» affermano gli esperti. I leader del G20 non faticano a condividere il senso di urgenza di carattere globale. A distanza di anni dall’alluvione di Firenze, quali sono state le strategie adottate per la difesa del suolo italiano dal dissesto idrogeologico e cosa si può fare nel presente?

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Una panoramica italiana

L’Agenzia europea per l’ambiente (AEA) ha condotto nel 2013 uno studio sul crescente aumento delle alluvioni in Italia. Lo studio dimostra che il 38% delle vittime in Europa è italiano. Secondo l’IPCC (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) vi è un aumento della frequenza di fenomeni estremi come la siccità e le alluvioni.

Il Rapporto del Consiglio nazionale dei Geologi e del Cresme (Centro Ricerche Economiche Sociologiche e di Mercato nell’Edilizia) nel 2010 dichiara inoltre che sono 6milioni gli italiani che abitano nei 29.500 chilometri quadrati considerati ad elevato rischio idrogeologico. Sono invece 1milione e 260mila gli edifici soggetti a rischio frane e alluvioni, alcuni di questi scuole ed ospedali.

Il Rapporto del 2010 combacia con la situazione normativa italiana riguardo al vincolo idrogeologico che riflette un forte ritardo nella promulgazione di norme dedicate. Fatta eccezione del Regio Decreto n.3267 del 30 dicembre 1923, la prima vera norma organica per la difesa e il riassetto del suolo si presenta solo nel 1989 con la Legge n.183 poi abrogata e infine integrata al DL 152/2006.

I progetti/modello avviati a Firenze contro alluvione e nubifragi

Tuttavia a livello regionale le cose iniziano a muoversi. In occasione dell’anniversario dell’alluvione di Firenze il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, ha fatto il punto dell’attuale situazione rendendo noto che negli ultimi 10 anni la Regione ha investito 100milioni di euro l’anno per far fronte al problema.

Sono diversi gli interventi oggi in fase di realizzazione proposti dalla Regione Toscana. Entrando nel dettaglio, il sistema di laminazione di Figline permetterà un abbattimento del 10% della portata di acqua presso il centro storico fiorentino. L’innalzamento della diga di Levane, il sistema di casse di espansione e di infrastrutture green consentiranno di raccogliere le acque prima che raggiungano le città limitrofe.

Gli interventi da integrare sul suolo italiano

Dal dopoguerra fino al 2013 sono stati spesi circa 213miliardi di euro per sanare l’emergenza del territorio italiano. Risorse utilizzate nell’immediato per ricostruire case, spalare macerie, realizzare altre impermeabilizzazioni e cementificazioni. Cifra che continuerà a salire a causa dei recenti disastri registrati al Sud. Tuttavia questo non si è dimostrato l’approccio vincente. L’assenza di un’ufficiale pianificazione territoriale e la carenza di strategie nazionali di gestione del rischio creano ancora più allerta alluvione.

La soluzione – a detta di ricercatori e studiosi – è quella di studiare strategie di mitigazione del rischio idrogeologico:

  1. Pre-emergenziali – attraverso una pianificazione territoriale;
  2. Preparatorie all’emergenza – con azioni volte a informare e preparare le comunità in caso di allerta;
  3. Post-emergenziali – mirando su attività di assistenza;
  4. Di mantenimento – attraverso la ricostruzione e il sostegno di tipo sociale, economico e territoriale delle città e dei beni colpiti dal disastro idrogeologico.

È inoltre indispensabile responsabilizzare i cittadini creando conoscenza nelle scuole attraverso lo studio della “resilienza sociale” e dei rischi fomentati dal cambiamento climatico. Questo al fine di rendere consapevole la comunità delle proprie risorse e della prevenzione/azione necessaria per fronteggiare le emergenze ambientali.

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Martina Tolaro

Martina Tolaro

Martina Tolaro, curator ed editor freelance. Ho collaborato con imprese culturali creative nazionali e artisti internazionali. Scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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