Oggi più che mai, sanità e tecnologia stanno vivendo un periodo di estrema convergenza. Il settore sanitario registra miliardi di gigabyte di dati e, nell’ultimo biennio, la grande accelerazione della digitalizzazione delle cure ha reso sempre più evidente che l’immensa mole di informazioni sensibili trattate necessitano di specifiche misure di sicurezza.

Questo, infatti, permette da un lato di evitare un uso impropri dei dati sanitari, di mitigare i rischi di violazioni cibernetiche e al contempo, di garantire una limitata e ponderata circolazione dei dati sanitari per scopi di ricerca e ottimizzazione dell’allocazione delle risorse.

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La raccolta illecita e l’uso improprio dei dati sanitari

Come riportato dal TIME, attualmente il settore sanitario genera circa il 30% dei dati mondiali, senza rallentamenti in vista, poiché gli esseri umani continuano a interagire sempre di più con i dispositivi digitali. Tutto ciò sta preparando il terreno per una battaglia per l’accesso e l’utilizzo dell’identità della salute e del benessere del mondo.

In tale contesto, gli attacchi informatici sanitari sono in aumento del 55% anno su anno e l’Italia stessa, come dichiarato a Il Sole 24 Ore da Marco Armoni, docente di Cineas, è “il quarto Stato al mondo ad aver subito più cyberattacchi a strutture sanitarie ed ospedaliere negli ultimi mesi”.

Le persone, spesso disposte a condividere i loro dati sanitari per la ricerca, stanno diventando molto più caute, ad esempio quando ritengono che le imprese possano trarre profitto dalle proprie informazioni. Altre potenziali preoccupazioni includono il fatto che le aziende farmaceutiche possano utilizzare i dati per indirizzare i pazienti con il marketing e infine, come sottolineato su Panorama da Pasquale Stanzione, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali, è possibile incorrere in forme di “discriminazione algoritmica”, quando sono i meccanismi informatici a determinare le opzioni di trattamento.

“Atto positivo inequivocabile”, il consenso secondo il GDPR

In Europa, dal 2018 vige il Regolamento generale sulla privacy dei datiGDPR, che impone alle organizzazioni obblighi legali severi nella raccolta dei dati personali, con il consenso espresso e con l’impegno di proteggerli da abusi e sfruttamento. L’articolo 4 considerando 32 del GDPR specifica che “il consenso dovrebbe essere espresso mediante un atto positivo inequivocabile con il quale l’interessato manifesta l’intenzione libera, specifica, informata e inequivocabile di accettare il trattamento dei dati personali che lo riguardano”.

I dati sanitari possono essere una risorsa “pulita”

La ricerca biomedica sulla salute pubblica fornisce anche gran parte dei big data che, se adeguatamente gestiti, possono servire come informazioni significative per pazienti, medici, amministratori e ricercatori, per prendere decisioni più informate su cure e servizi.

Ad esempio, i medici che dispongono di campioni di big data da cui attingere, possono essere in grado di identificare i segnali di allarme di una malattia grave e trattarla in fase precoce; i ricercatori, grazie a dati sanitari non identificabili, riescono a utilizzare l’informazione e progredire nella scoperta di cure, che si auspica siano sempre nell’interesse autentico dell’essere umano. In altre aree del settore sanitario, gli amministratori possono utilizzare indicatori dei dati per prendere decisioni di allocazione delle risorse, come la distribuzione di cliniche sanitarie mobili in zone poco servite.

Ecco, dunque, che, come sottolineato da Stanzione, “la polivalenza del dato sanitario si palesa in tutta la sua complessità ma anche in tutta la sua potenzialità, che la tecnica può valorizzare ma anche violare, se non ben governata. La sanità digitale va realizzata all’interno di un progetto organico e lungimirante di governance sanitaria”, assicurando sempre e sopra ogni cosa il “rispetto della persona umana”, ovvero dell’individuo e della sua libertà, come sancito dall’Articolo 32 della Costituzione.

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Giulia Angelon

Giulia Angelon

Mi piace esplorare l’esistenza, osservandone i misteri e sperimentando la forza creatrice che genera l'atto di comunicare quando nasce dall’ascolto e dal dialogo. Per BuoneNotizie.it scrivo di benessere e innovazione in chiave culturale, imparando l’arte di esserci nelle cose con intensa leggerezza.

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