In Inghilterra la chiamano workation, letteralmente ‘lavorare in vacanza‘, ed è un fenomeno che ha del rivoluzionario. Si parla parecchio dei suoi benefici e le ragioni sono molte. Figlio dello smart working, il lavoro in vacanza aiuta per prima cosa a conciliare vita professionale e tempo libero. In secondo luogo, attrae popolazione fuori dalle metropoli, creando opportunità di ripopolamento delle aree rurali in abbandono. Quali, le buone pratiche di questo fenomeno?

Lavorare in vacanza

Lo smart working, si sa, ha valicato i limiti spazio-temporali del lavoro tradizionale e dato la possibilità di organizzare il proprio tempo come meglio si preferisce. Tempo non più “fordista”, cioè scandito in doveri e piaceri, ma in cui lavoro e relax sono visti come più conciliabili. C’è chi lo pratica in campagna presso bellissimi borghi rurali, c’è chi preferisce l’atmosfera balneare della costa. Ed è proprio questo il lato rivoluzionario del lavorare in vacanza: potersi spostare dalle città per godere dei beni naturalistici e ambientali racchiusi fuori.

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Secondo i dati Eurispes, prima della pandemia da coronavirus, gli smartworker erano circa 600 mila. Nel 2020 sono diventati oltre 6,5 milioni. Il 2021 inoltre ha assistito a un progressivo allentamento dei lockdown e permesso alla nuova società di lavoratori agili di viaggiare e spostarsi. Spostarsi magari in vacanza, portando con sé il lavoro. È proprio questo che emerge dall’ultimo sondaggio Airbnb. Il 65% dei 2mila lavoratori italiani intervistati, vorrebbe trasferirsi in luoghi con maggiore benessere di vita anche durante il periodo lavorativo. Favoriti soprattutto i laghi (13%), le case montane (20%) e le case sul mare (39%). Tutti rigorosamente muniti di wifi e spazi per la privacy, come terrazzo o giardino.

Incentivi e pratiche per favorire il fenomeno

Smartworker e nomadi digitali, rappresentano per tutto il mondo non solo una nuova idea di lavoro, ma soprattutto una emergente risorsa turistica. Diversi Paesi hanno creato politiche ad hoc come visti premium gratuiti della durata di 1 anno per soggiornare a Mauritius e lavorare da remoto. In Grecia e in altre nazioni si è varato un regime fiscale mirato ad attrarre cittadini stranieri.

Soluzioni che fanno molto comodo soprattutto ai lavoratori che hanno difficoltà, pur volendo, ad intraprendere questo nuovo stile di vita. La workation infatti non è proprio per tutti: secondo Airbnb, 1 intervistato su 4 considera difficoltoso a livello economico potersi spostare. Il 35% è invece pronto a dare in affitto la propria abitazione ad altri smartworker, di modo da raccogliere i soldi per poter viaggiare.

Workation dentro i borghi

I punti a favore del lavorare in vacanza sono molteplici, ma uno in particolare è ben gradito da molti, sia da cittadini sia da interi governi. Si tratta della possibilità di attrarre fuori dalle metropoli la popolazione. Tanto da utilizzare il fenomeno come soluzione al ripopolamento delle aree periferiche abbandonate. Luoghi, questi, ad alto valore storico-naturalistico che percorrono una lunga crisi di deurbanizzazione.

Sono ancora pochi gli esempi ufficiali in Italia di piccoli comuni attrezzati con banda ultra larga e servizi ad hoc per smartworker. Tuttavia, qualcosa si sta muovendo. È il caso del paesino di Santa Fiora presso la Maremma toscana, alle falde del Monte Amiata. L’amministrazione del comune si è offerta di pagare il 50% degli affitti per favorire soggiorni della durata che va da due a sei mesi. Il progetto si chiama Santa Fiora Smart Village ed è il primo in assoluto in Italia.

Oltre a questo esperimento, nel suolo italiano esistono anche diverse attività digitali volte a favorire il turismo locale, la workation e il ripopolamento delle zone in abbandono. Un esempio è la piattaforma digitale Borgo Office che permette di prenotare soggiorni in strutture selezionate. Strutture che riguardano agriturismi e aziende agricole. Il soggiorno è gratuito e vi è la possibilità di acquistare pacchetti turistici per esperienze o attività svolte nell’area. Si possono inoltre acquistare i prodotti locali in modo da incentivare la produzione del borgo.

Nuove pratiche vs vecchie soluzioni

Lavorare in vacanza potrebbe dunque essere un grande rimedio per un problema endemico europeo e, soprattutto, italiano. Un problema che finora è stato affrontato in modo non vincente, attraverso cioè pratiche di cementificazione e modernizzazione delle aree rurali. Soluzioni che hanno portato solo a un peggioramento della situazione. La risposta degli urbanisti contemporanei è invece quella di creare comunità, attrarre nuovi abitanti con la ‘bellezza’ caratteristica dei luoghi, non con la costruzione di nuovi immobili.

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Martina Tolaro

Martina Tolaro

Martina Tolaro, curator ed editor freelance. Ho collaborato con imprese culturali creative nazionali e artisti internazionali. Scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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