Si chiama MAPP ed è il primo esperimento in Europa che sfrutta i satelliti per studiare la plastica galleggiante.

Il 4 giugno ha preso avvio il progetto per monitorare la plastica galleggiante nell’acqua del fiume Po. Si chiama MAPP, ossia monitoraggio applicato alle plastiche del Po, e ha anticipato le iniziative in occasione della Giornata Mondiale dell’ambiente 2021. È il primo progetto di questo tipo in Europa ed è nato dalla collaborazione tra l’Autorità di Bacino Distrettuale del Fiume Po (parte del Ministero della Transizione Ecologica), la Fondazione Sviluppo Sostenibile e il patrocinio della Regione Piemonte. Per capire meglio in che cosa consista MAPP, quali siano gli obiettivi e i benefici, abbiamo intervistato Meuccio Berselli, segretario generale dell’Autorità di Bacino del Po, e Giuseppe Dodaro, responsabile del capitale naturale della Fondazione Sviluppo Sostenibile.

Dodaro spiega: “La Fondazione si occupa di green economy. Noi vogliamo cercare di cambiare il modo di produrre delle nostre imprese. Io in particolare mi occupo di progetti per migliorare il territorio, ad esempio per il recupero degli ecosistemi, e di sviluppare sistemi di produzione meno impattanti sulla biodiversità”. Berselli, invece, elenca i pilastri dell’Autorità di Bacino del Po: “Dissesto idrogeologico, siccità e qualità del fiume, paesaggio fluviale, quindi gli aspetti turistici”.

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Tre diverse misurazioni alla base del progetto MAPP

L’inquinamento da plastiche è un problema attuale, ma mancano i dati. Dodaro, infatti, afferma: “A oggi, rispetto a questo tema, c’è molto attivismo ed esiste la direttiva europea che mette al bando le plastiche monouso. Tuttavia, non ci sono studi accurati, solo stime approssimative”. Il progetto MAPP, invece, riuscirà a monitorare la plastica galleggiante, i “macro litter” in termini tecnici, cioè i frammenti di dimensione superiore ai 2,5 centimetri. “La misurazione”, continua Dodaro, “vuole capire quanta plastica c’è, di quale tipo sia e quale comportamento abbia in acqua al variare della portata del fiume”. Lo studio durerà al massimo 15 mesi e misurerà questi frammenti in tre modi diversi:

  • Primo, con il protocollo di osservazione dei rifiuti. Si tratta di un modello messo a punto dal Centro Comune di Ricerca (JRC). Il JRC è il servizio scientifico dell’UE e ha sede in Belgio, Germania, Italia, Olanda e Spagna. Il protocollo cataloga i rifiuti nell’acqua, capisce quanti sono e di che tipo. “Collochiamo 5 stazioni di osservazione da monte a valle del Po, fino alla foce. I risultati consentiranno all’Autorità di Bacino di prevenire e gestire i rifiuti di plastica in modo efficace”, spiega Dodaro.
  • Secondo, con segnalatore GPS. “A Chivasso, a valle di Torino, abbiamo messo in acqua dei vasetti di plastica di due dimensioni diverse, da mezzo e da un quarto di litro. All’interno è presente un tracker, ossia un GPS, che ogni 12 ore invia un segnale. Tramite una piattaforma video, quindi, possiamo conoscere in tempo reale i vari spostamenti dei vasetti”.
  • Terzo, costruire un sistema di monitoraggio da satellite. Con l’Università di Padova e grazie alle immagini dei satelliti dell’Agenzia Spaziale Europea si avrà un’istantanea della situazione plastica nel Po. Si potranno, dunque, individuare elevate concentrazioni di plastica o sversamenti illegali e intervenire subito.

MAPP è figlio di due progetti precedenti

Il primo progetto, racconta Berselli, consiste in biglie galleggianti capaci di catturare le macro plastiche in tre sezioni del fiume: Pontelagoscuro (Ferrara), Colorno (Parma) e Torino. Il secondo progetto, invece, si chiama Manta River e ha interessato la parte terminale del Po, dalla diga di Monicelli fino al Delta. I tecnici hanno raccolto e analizzato i campioni d’acqua prelevati dalle microplastiche del fiume. I risultati dello studio mostrano che la maggior parte dei materiali raccolti, il 64%, proviene da scarichi di depuratori, da attività di pesca e dal comparto agricolo e sanitario. Il 25%, invece, proviene da imballaggi industriali, mentre l’11% da fonti civili. Nel Po, il numero su unità di volume di microplastiche oscilla tra il 2,06 e 8,22.  Nella Senna, invece, il numero è compreso tra il 9,6 e 63,9, mentre nel Tamigi è tra il 14,2 e il 24,8. Il Po, quindi, sta meglio di altri fiumi europei.

Gli obiettivi del progetto: capire per agire al meglio

“I nostri obiettivi sono due”, afferma il segretario Berselli. “Il primo è sensibilizzare la comunità all’educazione e al senso civico”. Anche le scuole, infatti, saranno coinvolte nel progetto MAPP per formare i giovani cittadini al rispetto dell’ambiente. “Il secondo obiettivo è quello di conoscere meglio la provenienza dell’inquinante per mettere in campo le azioni di contrasto. Spiega Dodaro: “Per esempio, se noi troviamo solo polistirolo che proviene da colture agricole, allora è evidente che l’azione da fare è limitata a quel comparto. Oppure, se troviamo tanti rifiuti che entrano a valle di Parma e nessuno a valle di Torino, occorre provvedere con azioni mirate su quello specifico territorio”.

Berselli aggiunge: “Dal progetto, quindi, ci aspettiamo di capire che tipo di micro o macro-plastica troviamo nell’acqua, quale sia la fonte e, con il tracciamento, il percorso compiuto dalla plastica per intercettarla il prima possibile. Segnalare rapidamente, dunque, per agire dov’è necessario. Dodaro, infine, svela che l’esperimento ha già fornito risultati importanti. Un esempio riguarda la diga dell’Isola Serafini presso Cremona, che secondo l’opinione comune blocca i rifiuti, mentre, spiega Dodaro, “in realtà, alcuni vasetti che abbiamo messo prima del forte sbarramento sono passati. Questo significa che la circolazione è diversa da quello che noi ci saremmo aspettati”.

Vantaggi concreti, ambientali e non solo

Il beneficio immediato è ambientale ed è strettamente connesso a quello economico. “A breve inaugureremo un progetto sullo storione e cercheremo di dargli un habitat con un’acqua sempre migliore”, afferma Berselli. L’acqua del fiume Po, inoltre, si usa per bere e per irrigare i campi. “Sul Po siamo 20 milioni di abitanti e beviamo 20 miliardi di metri cubi di acqua. Inoltre, se miglioriamo la qualità del corpo idrico che andiamo a distribuire, non ci saranno problemi per chi mangerà alimenti irrigati con l’acqua del Po”. Ancora, acqua di qualità significa beneficio turistico: un territorio pulito è più attraente e stimola le attività culturali, sportive, balneari, di trasporto e ristorazione. Dodaro aggiunge: “La plastica in acqua è anche un problema pratico per i pescatori. Questi infatti si lamentano perché i rifiuti di plastica occupano le loro barche o danneggiano le reti”.

L’iniziativa è replicabile e aggiorna la banca dati europea

Dodaro e Berselli sono concordi: il progetto è applicabile ovunque. Berselli aggiunge: “Ovvio, bisogna avere la volontà di investire in ricerca e conoscenza”. La plastica in acqua, infatti, è un problema trasversale e MAPP potrebbe fare da apripista per lo studio di altri bacini fluviali, italiani e non solo. In Europa non è mai stato fatto un monitoraggio sistematico su un grande fiume e su tutto il suo corso”, spiega Dodaro, “solo sperimentazioni campione su tratti di fiumi. Il progetto sul Po è del tutto originale”.

Le conoscenze acquisite, quindi, saranno utili alle università e la buona riuscita del progetto potrebbe stimolarne l’emulazione. Non solo, MAPP accrescerà e aggiornerà la banca dati dei fiumi europei. Il JRC dell’Agenzia europea per l’Ambiente, infatti, ha creato RIMMEL. Si tratta di un network per monitorare il carico delle macro plastiche galleggianti e vi confluiscono i dati raccolti nell’acqua di diversi fiumi. “Con MAPP vogliamo implementare la banca dati per avere delle indicazioni più solide che siano da base per l’emanazione di normative comunitarie mirate”, conclude Dodaro.

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Francesca Iaquinto

Francesca Iaquinto

Laureata in Lettere Moderne alla Statale di Milano, è stata studentessa di merito presso il Collegio di Milano per 5 anni. Nel dicembre 2019 ha vinto una Borsa di Studio per la scrittura della tesi presso la Duke University (North Carolina). Attualmente è docente di scuola secondaria, proofreader e scrive per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo costruttivo per diventare pubblicista.

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