Oltre 200mila russi richiamabili per il servizio militare fuggono dal 21 settembre in Kazakistan, che li accoglie con favore senza rimandarli indietro. Un segnale che dimostra una distanza considerevole tra Astana ed un conflitto russo ucraino accolto con diffidenza in buona parte della CSI (Comunità degli Stati Indipendenti).

I russi in fuga attraverso il confine Kazaco

Secondo il ministro dell’interno kazaco, al netto di una riduzione del flusso in entrata degli ultimi giorni, circa 200mila russi sono entrati in Kazakistan a seguito della mobilitazione voluta da Putin per provare a puntellare i territori ucraini già conquistati. Oltre 147 mila sarebbero già usciti dal territorio kazako mentre 71 mila hanno ottenuto un permesso di soggiorno.

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Il governo kazaco non condivide i referendum russi

Il governo kazaco si è dimostrato disponibile all’accoglienza affermando contemporaneamente la propria contrarietà ai referendum sull’annessione russa dei territori occupati in Ucraina. Il ministro degli Interni del Kazakistan Marat Akhmetzhanov ha affermato che i russi in territorio kazaco raggiunti da chiamata alle armi non saranno espulsi dal territorio e contemporaneamente che “il Kazakistan procede dai principi di integrità territoriale degli Stati, dalla loro uguaglianza sovrana e dalla coesistenza pacifica”.

Come i russi in fuga possono supportare lo sviluppo kazaco

L’accoglienza kazaca è tale che, superati i dubbi sui rischi per la sicurezza pubblica, il governo sta ragionando su eventuali soluzioni per occupare i tanti lavoratori professionali. Molti sono ingegneri e soprattutto informatici, che potrebbero con le proprie competenze permettere un migliore sviluppo dell’economia kazaca.

Molti russi giunti in Kazakistan sarebbero in gran parte giovani non ancora richiamati in servizio ma spaventati da un allargamento del conflitto e dalla possibilità di una mobilitazione dell’esercito russo ben più ampia. Il Kazakistan, assieme alla Georgia (che però non appartiene alla CSI), è una delle direzioni di fuga perché per i russi non è necessario alcun visto per attraversare la frontiera.

La presa di posizione kazaca sorprende più della Georgia

La presa di posizione kazaca, riguardante afflusso di cittadini russi e referendum per l’annessione dei territori ucraini occupati, ha sorpreso molti osservatori più della posizione simile sostenuta dalla Georgia. Quest’ultima è infatti un Paese entrato più volte “in conflitto” con la Russia.

Nonostante l’appartenenza alla Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva OTSC (la Nato della CSI), oggi in Kazakistan c’è qualcosa di diverso: l’escalation della guerra comporta nell’Asia ex sovietica una minaccia sostanziale al proprio sviluppo. Paesi come il Kazakistan, ma anche Tagikistan, Kirghizistan ed Uzbekistan, nel corso degli ultimi anni, tramite un input euro-cinese e la proposta di una nuova via della seta, iniziavano ad immaginare prospettive di fioritura che rischiano di svanire nel caos.

Per Tokayev polarizzazione e divisione non aiutano la pace

Il rischio che la stabilità dell’area possa essere compromessa lo confermano le tensioni interne tra Kirghizistan e Tagikistan, che si sommano al conflitto sotto sedativo tra Armenia e Azerbaigian. Per frenare le tensioni, anche regionali, il presidente kazaco Tokayev sta proponendo il proprio Paese come pontiere tanto da affermare in sede ONU: “non possiamo semplicemente scrollare le spalle e concordare con polarizzazione e divisione”.

Perché per Astana il disarmo nucleare è fondamentale

L’ottica del Kazakistan sul conflitto russo ucraino oggi non si limita più alla stabilità regionale. La deterrenza sul costante rischio di una escalation nucleare è evidente e descritta dai kazachi nelle tonalità di chi ne conosce le conseguenze dirette. Tokayev lo ha ricordato nel porre il disarmo nucleare come questione chiave della politica estera kazaca affermando che “il Kazakistan ha sofferto terribilmente per i test delle armi atomiche e per questo comprendiamo pienamente i pericoli di una escalation di tensione tra potenze nucleari”.

Per il Kazakistan, possibile un ruolo da pontiere

Il ruolo di ponte kazaco è stato in parte visibile in uno scontro diplomatico indiretto tra le ambasciate ad Astana di Russia e Ucraina. Proprio la capitale kazaca, inoltre, è stata luogo di incontro per un colloquio tra Putin e il Presidente turco Erdogan, che si sta ponendo come mediatore sempre più energico nel cercare idee, nella speranza che queste prima o poi siano utili anche per una ipotetica pace.

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Pasquale De Salve

Pasquale De Salve

Sono laureato in Filosofia e scrivo per passione. Qui scrivo di ambiente, politica, diritti e qualche volta anche di altro. Cerco di intendere il mondo per quello che è, ma di utilizzare quelle poche parole che ho a disposizione perché possa migliorare. Il suo cambiamento, però, dipende dallo sforzo di ognuno di noi!

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