Definire la curiosità non è semplice, ma è certamente un’attitudine che associamo agli esseri senzienti come una voglia di accrescere il proprio sapere e la propria esperienza, un forte desiderio di conoscere e imparare. È possibile che un tale anelito scorra anche nei circuiti dell’intelligenza artificiale tra le istruzioni di un algoritmo? La curiosità artificiale sembra essere proprio uno degli anelli mancanti tra l’apprendimento automatico e la coscienza artificiale.

Intelligenza artificiale ristretta e intelligenza artificiale generale

“Tutti imparano davvero solo se si divertono, gli animali, gli uomini e (forse ndr) anche le macchine” sostiene Piero Poccianti, presidente AIxIA – Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale. Nella realtà odierna, non sembrano esserci informazioni pubblicamente disponibili su un’intelligenza artificiale creata con la complessità necessaria per diventare cosciente e in grado di iniziare a fare le cose da sola, magari anche divertendosi: questo tipo di intelligenza artificiale viene definita generale o forte. L’intelligenza artificiale di cui disponiamo oggi è quella che viene chiamata ristretta, ovvero macchine in grado di portare a termine molto bene compiti predeterminati più o meno complessi.

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Le capacità che hanno le macchine, così come sottolineato da Poccianti, sono generalmente di quattro tipi: “sanno percepire la realtà intorno a loro, sanno imparare, sanno ragionare e sanno creare, ovvero hanno una certa dose di creatività”. Le macchine che in questo momento hanno più successo, come AlphaGO, sono quelle che mescolano due strumenti: “il ragionamento, utile per trovare la strada e la percezione per intuire quale sia la strada migliore da percorrere in ogni situazione”.

Cos’è la curiosità artificiale

Negli anni abbiamo sentito parlare sempre di più del concetto di intelligenza artificiale e della capacità delle “macchine intelligenti” di eseguire compiti complessi imparando dall’esperienza e dai dati storici, analizzando l’ambiente circostante e adottando misure appropriate basate sull’analisi. Quando parliamo di intelligenza artificiale vediamo solo il sistema di decision making finale, ma trattare dati ha molto a che fare con la curiosità.

La curiosità artificiale è la simulazione della curiosità umana nei sistemi di intelligenza artificiale generale: l’interesse di un agente artificiale di apprendere regolarità sconosciute, premiandolo se trova qualcosa di inaspettato, la cosiddetta gratificazione intrinseca e favorendo invece una sensazione di noia di fronte a schemi prevedibili o intrinsecamente imprevedibili, ovvero eventi casuali dai quali non è possibile estrarre informazioni significative.

Un paradigma della curiosità che ha molti punti di contatto con il comportamento umano: di fronte a situazioni nuove abbiamo una motivazione interiore che ci spinge a conoscerle e comprenderle; tuttavia, quando risolviamo un compito o questo si trasforma in una routine ripetitiva, subentra la noia e la curiosità non è più una motivazione sufficiente.

Applicazioni della curiosità artificiale

La curiosità artificiale è attualmente utilizzata in alcuni ambiti di automazione aziendale e nel futuro potrebbe portare migliorie in altre aree industriali, tra le quali la gestione della catena di approvvigionamento, l’ottimizzazione dei processi, il controllo di qualità e la manutenzione predittiva. Oltre al mondo industriale, i settori che studiano con maggior interesse la curiosità artificiale sono quello automobilistico, con le auto a guida autonoma e il settore medico.

Una mente artificiale che evolve, impara e pensa come un essere umano o addirittura supera l’intelligenza umana, rende difficile per l’uomo mantenere il passo e il controllo. È importante che la ricerca si focalizzi sull’assicurarsi che le decisioni sempre più sofisticate che potrà prendere l’IA, siano a beneficio dell’umanità e non contro di noi ed è necessario adoperarsi subito perché il cambiamento potrebbe essere molto rapido.

Cosa manca all’ IA per raggiungere la curiosità?

La risposta è articolata, ma uno dei punti principali è legato al fatto che la maggior parte degli approcci di apprendimento automatico dipendono in gran parte dalla supervisione umana. Per l’apprendimento supervisionato, devono essere forniti grandi set di dati con un numero elevatissimo di esempi classificati. Come sottolineato dal ricercatore e biochimico tedesco Henning Beck, perché una macchina comprenda cos’è un pinguino è necessario “mostrarle” milioni di immagini di pinguini e questo implica enormi flussi di dati e di energia. Il cervello umano funziona con 20 watt, sufficienti per coprire la nostra intera capacità di pensiero.

Ciò che ad oggi l’IA ristretta non sa fare bene, è astrarre e ragionare per analogia. L’essere umano riesce ad orientarsi in situazioni che non ha mai affrontato, procedendo per analogie con situazioni diverse e quindi risolvendo problemi in modi inediti. Le attuali tecniche di intelligenza artificiale estraggono modelli da dati molto abbondanti, mentre la maggior parte non riescono a replicare la piena e autentica funzionalità degli esseri umani, essendo incapaci di apprendere in modo continuo e dinamico e poter aggiornare le proprie regole di apprendimento.

Come emerge da uno studio del 2022, molti ricercatori e sviluppatori ritengono che, grazie anche alla curiosità artificiale sarà possibile attivare i sistemi per un apprendimento senza programmazione esplicita. L’evoluzione di tali modelli guidati dalla curiosità sta procedendo a gran velocità; nel prossimo futuro ci troveremo probabilmente di fronte a un’intelligenza artificiale in grado di esplorare, apprendere in modo nuovo e generalizzare.

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Giulia Angelon

Giulia Angelon

Mi piace esplorare l’esistenza, osservandone i misteri e sperimentando la forza creatrice che genera l'atto di comunicare quando nasce dall’ascolto e dal dialogo. Per BuoneNotizie.it scrivo di benessere e innovazione in chiave culturale, imparando l’arte di esserci nelle cose con intensa leggerezza.

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