Lavorare un giorno in meno alla settimana (con lo stesso stipendio) significa focalizzarsi sui risultati prodotti invece che sul tempo lavorato. Quali sono i principali limiti e benefici della settimana lavorativa corta? Alcune aziende e alcuni Paesi europei hanno già adottato questo sistema, altri lo stanno sperimentando. E l’Italia cosa fa?

Lavorare un giorno in meno a settimana mantenendo lo stesso stipendio

Durante l’estate del 2019 Microsoft Giappone decide di ridurre la settimana lavorativa dei propri impiegati da cinque a quattro giorni, mantenendo lo stesso stipendio. In un comunicato stampa l’azienda dichiara di aver registrato in quel periodo un risparmio dei consumi energetici pari al 23% e un aumento del 40% della produttività personale rispetto all’anno precedente. Inoltre, il 94% dei dipendenti coinvolti si è dichiarato soddisfatto dell’esperienza.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici

Tra il 2015 e il 2019, anche i 2.500 dipendenti del comune di Reykjavik, la capitale dell’Islanda, si vedono ridurre da 40 a 35 le ore lavorative settimanali, e anche in questo caso i vantaggi (che possiamo leggere nello studio “Going Public: Iceland’s journey to a shorter working week” di Autonomy) sono simili a quelli ottenuti da Microsoft.

In Europa, seppur con modalità differenti, diversi Paesi hanno introdotto la settimana lavorativa di quattro giorni: Norvegia, Danimarca, Olanda, Germania, Francia e, più recentemente, Spagna, Belgio e Regno Unito, e di nuovo si possono riscontrare risultati positivi simili, con l’unica eccezione del caso francese che ha registrato un calo di produttività e la necessità di ricorrere a molte ore di straordinario.

Lavorando 32 ore alla settimana: miglior produttività e benessere per il dipendente

Possiamo dunque osservare due cose:

  • ridurre il tempo di lavoro potrebbe permettere alle persone di ritrovare un miglior equilibrio tra sfera professionale e sfera privata (work life balance), con conseguente riduzione dello stress da lavoro correlato e un miglioramento della produttività personale
  • per ottenere un esito positivo non è sufficiente ridurre l’orario, ma è necessario adottare una mentalità organizzativa differente, focalizzata sui risultati prodotti invece che sul tempo. Questo significa, ad esempio, aiutare i dipendenti a individuare ed eliminare i compiti poco utili o improduttivi responsabilizzandoli maggiormente; sfruttare al meglio la tecnologia; incentivare lo smart working laddove possibile; evitare gli spostamenti quando si possono fare le stesse attività a distanza; ridurre i tempi delle riunioni strutturandole e gestendole meglio; migliorare la cultura manageriale e imprenditoriale, e così via.

Arriveremo alla riduzione dell’orario di lavoro anche in Italia?

Nel 2018 Piergiovanni Alleva (ad oggi ex-consigliere della regione Emilia Romagna) al motto di: “lavorare meno, lavorare tutti”, aveva calcolato che lavorare un giorno in meno percependo lo stesso stipendio, avrebbe permesso di aumentare la produttività ma soprattutto l’occupazione. Egli infatti affermava che ogni quattro dipendenti che lavoravano un giorno in meno a settimana, si sarebbe potuto assumere una nuova persona.

Più recentemente, anche il sociologo Domenico De Masi, nel suo libro “Il lavoro nel XXI secolo”, ribadisce l’idea di lavorare 32 ore a settimana sostenendo che questa sia probabilmente l’unica realistica soluzione da percorrere per ridurre l’alto tasso di disoccupazione in Italia, oltre che una possibile strada per ridurre lo stress e lavorare meglio.

Il ministro del lavoro Andrea Orlando, in un intervento al congresso nazionale della FIM (Federazione Italiana Metalmeccanici) di qualche mese fa ha parlato di questo tema con molta cautela, dicendo: “Si può cominciare a ragionare su forme di riduzione dell’orario di lavoro, ma il quadro politico non consente un approccio organico sul tema“.

Insomma, ad oggi, dal punto di vista delle iniziative politiche, dobbiamo ammettere di essere un po’ più indietro rispetto ad altri Paesi europei. Se poi ci aggiungiamo lo strascico degli effetti della pandemia da Covid-19, la guerra in Ucraina e la conseguente crisi energetica è difficile pensare ad una rapida pianificazione e messa in atto di progetti legati a questo tema.

Visione, cooperazione e un pizzico di coraggio per affrontare la crisi

Tuttavia, dobbiamo ricordarci che spesso è dalle situazioni di crisi che possono nascere iniziative vincenti e in questo momento storico abbiamo un forte bisogno di sostenere l’economia e favorire l’occupazione. Dobbiamo accendere la speranza e aprire la possibilità di poter creare una situazione futura migliore.

Serve una visione chiara, una forte volontà di trovare maggior cooperazione tra lavoratori, imprese e istituzioni e serve (soprattutto) un pizzico di coraggio, perché l’avvio di progetti basati sulla settimana lavorativa corta e sul miglioramento dell’organizzazione del lavoro potrebbe essere un primo fondamentale passo per generare un impatto positivo sulla produttività e sul benessere collettivo.

Leggi anche:

Il lavoro del futuro: le nuove tendenze di un panorama in via di costruzione

Mondo del lavoro: com’è cambiato nel 2022 e perché

Il lavoro si trasforma, tra dinamiche relazionali, obiettivi ed equilibri nuovi

Condividi su:
Fabio Marcolongo

Fabio Marcolongo

Mi occupo di marketing e comunicazione, scrivo per condividere idee che ci stimolano a vedere noi stessi e il mondo in modo diverso da come siamo abituati e inseguo le storie belle, quelle che ci incantano e ci fanno sentire bene. Collaboro con BuoneNotizie.it approfondendo temi che riguardano Società, Economia & Lavoro e partecipo al laboratorio di giornalismo per diventare pubblicista.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici